«Tu guidi quel coso lì? Ma non hai paura?». «Questa è la domanda che mi fanno più spesso, ma ho la risposta pronta: Perché dovrei, anche se sono una donna non ho forse due mani sane anche io?».
Lei è Simona Maresca, nome in codice «la tremenda», o almeno così l’hanno soprannominata i suoi colleghi e a lei non dispiace affatto. Anzi, ci spiega che è più che azzeccato: «Non ho peli sulla lingua, sono molto schietta ed estroversa».
Simona ha 38 anni, è ligure ma vive e lavora in Trentino-Alto Adige con il compagno, dove gestiscono la loro azienda di trasporto, la Viehtrans Gasser. È mamma di un bimbo di 10 anni e da quattro anni è alla guida di un autotreno per il trasporto bestiame. Quando la contattiamo è appena rientrata da una giornata di lavoro, ma ci racconta con entusiasmo e un pizzico di orgoglio la sua storia.
Simona come hai iniziato a fare l’autotrasportatrice?
A dire il vero è sempre stato il mio sogno. Sono figlia d’arte, mio papà faceva il camionista e avrei voluto seguire le sue orme fin da sempre. Lui però non era dell’idea, erano altri tempi e così ho seguito mamma, che lavorava con i fiori. Qualche anno fa ho incontrato il mio attuale compagno, anche lui un autotrasportatore, che mi ha spronata a inseguire il mio sogno proponendomi di lavorare con lui per la sua azienda. Così l’ho seguito in Trentino-Alto Adige, a Chiusa, dove ormai da quattro anni siamo un team, «King and Queen of animals», perché trasportiamo bestiame e viaggiamo quasi sempre insieme.
Rifaresti la stessa scelta anche oggi?
Assolutamente sì: amo il mio lavoro che mi permette di stare a contatto con la natura e con gli animali. Trasportiamo bovini, quindi mucche, vitelli, tori, da una stalla a un’altra o in alpeggio, per il pascolo.
Che tratte percorri di solito?
Lavoriamo prevalentemente in Trentino, ma capita di doverci spostare anche all’estero, in Germania e in Austria, o in altre regioni d’Italia. Le tratte lunghe sono più impegnative, ma i veri problemi iniziano quando bisogna attraversare i passi di montagna con un autotreno pieno di animali. Vado in apprensione per loro e sono terrorizzata dall’idea che per strada qualche animale possa perdere l’equilibrio e farsi male, quindi cerco di rendergli il viaggio meno fastidioso possibile. Preferisco metterci qualche minuto in più, ma far fare loro un viaggio dignitoso. I contadini lo sanno e apprezzano: è sempre una soddisfazione quando mi dicono che gli piace come lavoro.
Hai raccontato che spesso i contadini quando ti vedono arrivare sul tuo autotreno un po’ si sorprendono, ti chiedono se non hai paura…
Sì, è vero, ma ho due mani sane e finché le avrò potrò guidare senza problemi e senza paura. Non nego che sia un lavoro difficile, spesso molto fisico, ma dove non arriva la forza arriva la testa e così ogni problema può essere superato.
Tuo figlio cosa pensa del tuo lavoro?
Lui è un guerriero. A 10 anni già sa come cavarsela da solo quando io non ci sono. Capitano i giorni in cui sente di più la mia mancanza, ma gli ho spiegato che è proprio grazie al lavoro della mamma se non gli manca nulla. È un ragazzo intelligente e ha capito. Non nego che anche a me dispiace passare poco tempo con lui, coniugare la famiglia con il lavoro non è facile, ma ho la fortuna di poter contare anche sull’aiuto dei figli del mio compagno, una ragazza di 20 anni e uno di 14 anni. Si fanno molta compagnia e quando noi non ci siamo la ragazza più grande segue i più piccoli. Certo, bisogna sapersi organizzare con anticipo.
Cosa ti ha insegnato questa professione?
Ho imparato a contare su me stessa per fare questo lavoro, perché spesso non sono capita, mancano gli aiuti e così devi arrangiarti. Ho insegnato a mio figlio a fare lo stesso, ma se un giorno dovesse avere bisogno di me, sarei pronta a scendere dal camion senza esitare.
Pensi che un giorno tuo figlio seguirà le tue orme?
Mi piacerebbe tantissimo, ma per ora dice di voler fare il pasticcere. L’importante è che segua il suo sogno, come ho avuto la fortuna di fare io.
Oggi le donne in questo settore sono poche e mancano molti autisti. Tu cosa diresti ai giovani per invogliarli a intraprendere questo mestiere?
Che non è facile, ma bisogna provarci. Spesso mi sento dire “io non ce la farei mai”. Non è vero, può farlo chiunque, basta avere passione e forza di volontà, come per qualsiasi altro lavoro. Bisogna correre, è un lavoro fisico, ma bellissimo. Mi rendo conto che gli stereotipi riguardo questo mestiere ci sono, non lo si può negare, sia nei confronti delle donne che degli uomini, ma la verità è che siamo il motore del paese per cui dobbiamo andare avanti a testa alta e fare quello che ci piace. Per me siamo tutti uguali in questo settore, donne e uomini. Ho un buon rapporto con tutte le mie colleghe e i miei colleghi, ognuno fa il suo lavoro e ci rispettiamo a vicenda.
Secondo te, perché sono così pochi i giovani che si approcciano a questa professione?
Il problema è che ci sono barriere all’ingresso importanti: i costi per prendere la patente sono alti, parliamo di qualche migliaio di euro, e una volta usciti dalla scuola guida non è così scontato trovare lavoro. Le aziende spesso ricercano personale già con esperienza, senza investire sulle nuove leve. Bisognerebbe fare qualcosa a riguardo per incentivare le nuove generazioni e sponsorizzare maggiormente la professione.
Senti Simona, ma alla fine tuo padre ha accettato il fatto che sei un’autotrasportatrice?
Ti racconto un aneddoto. Qualche giorno fa ho avuto un momento di sconforto. Capitano, soprattutto dopo un anno difficile come il 2020, in cui siamo stati tutti sotto pressione. In più per motivi familiari mi sono trovata a dover fare molte cose da sola, insomma, ho ceduto. A farmi ritrovare la forza sono stati proprio i miei genitori: mi hanno mandato un messaggio dicendomi che erano fieri di me e di quello che faccio e non c’è soddisfazione più grande.
Quando viaggi, preferisci ascoltare musica o pensare?
Io amo cantare, qualsiasi cosa, in base al mio umore. Quindi metto la musica al massimo e canto a squarciagola, per la gioia delle orecchie del mio compagno che viaggia accanto a me. Però c’è un momento, a fine giornata, in cui sai che hai finito e stai tornando a casa, dalla tua famiglia. Il camion è vuoto quindi non hai la preoccupazione degli animali. Ecco, in quei momenti mi piace spegnere la radio e pensare.
Progetti per il futuro?
Guidare, naturalmente! Forse lascerò il mio autotreno per un bilico, chissà, ma di sicuro non ho intenzione di fermarmi. Se la vita è un viaggio, io voglio viaggiare, ma sempre a bordo del mio camion.