Si definisce «anticiclico» ciò che «tende a variare in direzione opposta ai principali indicatori del ciclo economico», primo tra tutti il PIL. Ebbene in un anno di sofferenza, indotta ovviamente dalla pandemia, che ha costretto a rallentare produzione e movimentazione delle merci, il Salerno Container Terminal (gruppo Gallozzi) esprime un andamento anticiclico, chiudendo il 2020 con una crescita dei volumi di traffico del 2%, passando dai 303.678 teus del 2019 ai 309.750 del 2020. Come si giustifica questo dato? Niente miracoli, per carità , ma semplicemente il frutto dell’acquisizione di nuove linee marittime e nuovi servizi. Come quello, per esempio, fornito in joint tra l’italiana Tarros Line e la turca Arkas, per garantire scali bisettimanali in direzione Est e Ovest di tutto il bacino mediterraneo. Oppure è il caso del nuovo servizio settimanale della compagnia Akkon Lines, con sede ad Istanbul, tra i porti di Barcellona, Castellòn, Valencia, Algeri, Salerno, Izmir, Gemlik, Gebze e Ambarli. O ancora dell’approdo, da dicembre, del nuovo servizio settimanale full container TMX2 Turkey Med Express della Cma-Cgm che approda a Salerno da diversi scali turchi (Gemlik, Gebze, Ambarli e Aliaga) per proseguire poi alla volta di Genova (con transhipment per gli Stati Uniti), di Marsiglia e dell’Algeria (Algeri, Skikda e Annaba). Ed è ovvio che questa moltiplicazione delle linee di collegamento ha sicuramente compensato il calo dei traffici. E anche in prospettiva la stessa tendenza potrebbe essere ribadita nel momento in cui – e ormai dovrebbe essere prossima – saranno portati a termine i lavori di dragaggio che metteranno Salerno in condizione di accogliere anche navi più grandi e quindi diventare momento di scalo e di toccata di rotte transoceaniche.
E poi bisogna anche ricordare che il porto di Salerno è importante punto propulsivo delle autostrade del mare o se si preferisce di traffico ro-ro, di navi-traghetto che fanno posto a camion o più spesso a semirimorchi. E questo traffico intermodale nell’anno della pandemia è stato particolarmente favorito, proprio per la sua capacità di movimentare più merci, ricorrendo allo spostamento di meno persone. Non a caso, almeno nei primi sette mesi dell’anno (un consuntivo finale ancora non esiste), i veicoli movimentati erano stati 4,861 milioni, un’inezia in meno (percentualmente lo 0,49%) rispetto all’anno precedente.
Il perché di tutto questo, però va trovato forse anche in altri fattori contingenti, primo tra tutti quello di poter sfruttare la scia di un altro settore ad andamento anticiclico, come quello agroalimentare, peraltro ad altissima vocazione all’export. Basti citare, al riguardo – a titolo di esempio – le statistiche raccolte da Intesa San Paolo rispetto ai distretti territoriali della penisola, dove quello l’export delle Conserve di Nocera (in provincia di Salerno, per l’appunto) nel terzo trimestre del 2020 è passato dai 209,8 milioni ai 241,9 milioni. Ma un incremento analogo, di circa 19 milioni, lo ha fatto segnare, appena più in là , anche l’Alimentare napoletano. E tutto questo va valutato a maggior ragione perché andando a leggere in trasparenza cosa c’è dietro quel 2% di incremento dei traffici nello scalo salernitano, si scopre che in realtà nel 2020 le importazioni sono diminuite complessivamente del 7%, quando invece le esportazioni sono lievitate del 10%.
Ecco perché questa area territoriale – che comunque il porto di Salerno travalica per acquisire una capacità di penetrazione anche fino in Puglia e nel Lazio, si pone sempre di più come una sorta di capitale produttiva dell’agroalimentare, ma anche un punto di riferimento logistico essenziale, non a caso base di realtà trasportistiche sempre più importanti (e che evidentemente sono anche le prime “clienti” del porto). Come peraltro testimonia il nostro podcast di K44 – La voce del trasporto (che riportiamo qui in basso), dal titolo più che eloquente: «Autotrasportatori a Salerno: tutt’altro che padroncini!» e dove a farci da Cicerone è Vincenzo Motta, titolare dell’omonima azienda di Battipaglia.