A volte ritornano. Nel settembre del 2017 aveva lasciato la guida della Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità del ministero per le Infrastrutture e i Trasporti, per passare a capo delle Direzione generale del personale e degli affari generali. Ma quei sette anni trascorsi a misurarsi con le complesse, continue e spesso ripetitive problematiche del trasporto merci su strada gli sono rimasti appiccicati dentro. Un’esperienza segnata, in particolare, dall’essere riuscito a trasformare le risorse assegnate ogni anno al settore in stanziamenti triennali fissi – «strutturali», secondo la definizione ufficiale della pubblica amministrazione – riducendone l’entità, ma sottraendoli all’estenuante trattativa autunnale segnata ogni anno dall’incertezza e dalla diffidenza.
A quei problemi, esattamente tre anni dopo averli lasciati, è tornato Enrico Finocchi – 60 anni, sposato, due figli – che a metà dello scorso settembre è stato nominato presidente del Comitato centrale dell’Albo degli autotrasportatori, l’organismo ministeriale che cura l’elenco delle imprese del settore in conto terzi, verificandone la regolarità e attua le direttive del ministro in materia. Praticamente una rappresentanza del settore incardinata nella pubblica amministrazione, una cinghia di trasmissione tra gli operatori e il governo.
In questa situazione è quasi obbligatorio chiedergli prima di tutto, come abbia ritrovato l’autotrasporto italiano dopo tre anni di assenza. «Non è cambiato molto», risponde con il suo sorriso misurato, «specialmente nella percezione e nei desideri di alcune associazioni di rappresentanza. La realtà nella quale l’autotrasporto si muove, invece, è cambiata moltissimo, perché il trasporto delle merci – soprattutto quello su gomma – è sempre più integrato con la logistica. Le tecnologie, l’e-commerce, la globalizzazione hanno modificato la figura del trasportatore, che non può più limitare la propria attività a prelevare merce da un magazzino e consegnarla in un altro. L’esplosione del Covid, poi, ha dato una spinta all’e-commerce – ormai ogni trimestre cresce con percentuali a due cifre – che si annuncia irreversibile. Questo ci deve far riflettere. E, dunque, se l’attività di autotrasporto cambia, ora bisogna che gli autotrasportatori possano rapidamente adeguarsi».
Un aiuto al cambiamento può venire anche dall’Albo. Per esempio, risolvendo l’annoso problema delle aziende iscritte, ma prive di veicoli e dunque non in grado di effettuare direttamente il trasporto. Ancora un anno fa ne erano state individuate 12 mila, ma non si riusciva a cancellarle. C’era chi riteneva necessaria una legge ad hoc…
La norma che dà al Comitato centrale dell’Albo il compito di verificare la regolarità delle imprese c’è ed è nella legge Finanziaria 2015. In questi anni, in realtà, qualcosa si è fatto: è stata attuata una procedura informatica collegando i database del CED della Motorizzazione, del Registro Elettronico Nazionale (REN) e dell’Albo, con quelli di Inail, Inps, per quanto riguarda la regolarità contributiva, e Unilab, per quanto riguarda idipendenti autisti. Un’ingente quantità di dati da incrociare e verificare. Il problema è che bisogna definire i criteri di cancellazione. Oggi un’impresa può noleggiare veicoli e ottenere gli autisti da agenzie di somministrazione: dunque può sembrare che non effettui direttamente trasporto su strada, ma magari in realtà non è così. Per questo occorre verificare caso per caso. Per aiutarci a lavorare su questa procedura, a breve avremo la collaborazione di Rete autostrade mediterranee (RAM), società in house del ministero. Finalmente si attiverà un’attività di controllo e verifica della regolarità delle imprese a tappeto su tutto il territorio nazionale
Potevate approfittare del rallentamento dell’attività causata dal lockdown per portarvi avanti con le verifiche…
È ciò che abbiamo fatto. Durante i due mesi di blocco, i dipendenti dell’Albo si sono impegnati per controllare le imprese iscritte all’Albo, ma non alle Camere di commercio: ne hanno scoperte 11.800 circa e adesso gli uffici periferici della Motorizzazione – cui spetta tale compito – le stanno cancellando. Con tutte le difficoltà del caso: per esempio abbiamo trovato imprese non iscritte alla Camera di commercio che hanno ancora veicoli anche recentemente revisionati. Ovviamente abbiamo deciso la loro cancellazione ed è partita la denuncia alle forze dell’ordine. Per completare il lavoro, ci vorrà qualche mese, perché bisogna riportare le cancellazioni sia negli archivi dell’Albo che in quelli del REN, però entro il primo trimestre dell’anno prossimo quelle quasi 12 mila imprese le avremo cancellate.
Ma non si riesce a cancellare neanche le aziende morose: un anno fa sono state avviate 4 mila procedure per inadempienza. Che fine hanno fatto?
Alcune imprese morose si stanno regolarizzando. Quelle che non lo fanno intanto perdono tutti i benefici, gli incentivi, i contributi che l’Albo assegna alle aziende iscritte, oltre al semaforo che segnala ai committenti l’impresa non in regola. Anche in questo caso, però, il problema è di organico: gli uffici periferici della Motorizzazione, che già sono in difficoltà nell’occuparsi dell’ordinaria amministrazione – dalle patenti alle revisioni – non ce la fanno a seguire anche le istruttorie per le cancellazioni delle imprese. Per questo confidiamo nella collaborazione di RAM. Con il suo supporto creeremo un gruppo di lavoro dedicato, da mandare anche in periferia per accelerare le procedure.
Altra attribuzione dell’Albo, prevista dalla legge, è quella relativa a funzioni di studio e consulenza sui problemi del settore. Da qualche tempo questo punto è un po’ trascurato…
In realtà è in dirittura d’arrivo – lo presenteremo a breve al Comitato centrale – uno studio comparativo sulle misure di incentivo nel settore e sui sistemi di riscossione dei pedaggi autostradali in vari Paesi europei. Sappiamo che adesso stanno entrando nel mercato, accanto a Telepass, altre imprese per la riscossione dei pedaggi, quindi uno studio di questo genere è importante per capire cosa succede in Europa, a che livello ci poniamo noi e come eventualmente dobbiamo comportarci.
Fra l’altro la presenza di nuovi soggetti in questo settore permette di superare la procedura d’infrazione arrivata all’Italia per l’impiego esclusivo di Telepass…
Infatti, ci stiamo preparando. Da settembre è attivo in Italia un nuovo operatore, DKV, che fino a dicembre sarà in sperimentazione. Poi saremo pronti con la nuova procedura. Intanto sono stati già erogati i fondi per la riduzione dei pedaggi 2019 e, dunque, ci siamo rimessi in pari. Con l’anno prossimo applicheremo il nuovo sistema, anche se saremo costretti a un doppio lavoro: disaggregare i dati per avere le informazioni e riaggregarli per applicarli alle singole imprese. Ma è tutto informatizzato e non dovrebbero esserci problemi. Anche per questo, quello studio comparativo è importante. È un’iniziativa avviata prima del mio arrivo. Io mi sono limitato a chiedere alcune integrazioni con l’individuazione di eventuali best practices, da poter imitare o – se sono best practices nostre – da offrire come modello.
Insomma, c’è un risveglio del settore studi.
Certamente. C’è un altro studio in corso con il Consiglio nazionale delle ricerche, che trovo molto interessante, sulle modalità di distribuzione – urbana e non – delle merci. È uno studio teorico, come nelle caratteristiche del lavoro del CNR, ma cercheremo di svilupparne gli aspetti più pragmatici. Dovrebbe essere pronto entro l’anno, ma forse ci sarà un leggero slittamento a causa del Covid. Comunque, sì: spero ci sia un risveglio per il settore studi e ricerche.
A proposito di Covid, i giorni del lockdown hanno messo in evidenza il ruolo determinante dell’autotrasporto per garantire le attività quotidiane e quelle più necessarie per la sopravvivenza di una comunità, come il trasporto degli alimenti e dei medicinali. Numerosi sono stati i riconoscimenti per il settore durante i giorni più difficili. Ma in Italia si fa presto a dimenticare. Non sarebbe il caso ricordare che tale ruolo si manifesta anche nella più normale quotidianità?
Certamente. Abbiamo una convenzione con Inail per partecipare alla realizzazione di iniziative di comunicazione istituzionale che potrebbe essere finalizzata proprio a tale scopo, magari sotto le festività natalizie. Non penso a campagne tradizionali, come quelle realizzate finora, ma a qualcosa che ricordi proprio i giorni del lockdown e l’impegno che, in quei giorni, gli autotrasportatori hanno dedicato per fornire agli italiani i generi di prima necessità garantendo salute e sicurezza di autisti e addetti.
Per concludere, qual è il suo programma di lavoro? Come vorrebbe che cambiassero Albo e Comitato centrale sotto la sua presidenza?
Vorrei che non venissero percepiti soltanto come un balzello da pagare. Non è uno slogan vacuo. Dietro questo obiettivo c’è l’intenzione di affiancare all’erogazione di contributi e sostegni alle imprese anche iniziative strutturali di formazione e interventi di respiro internazionale. Abbiamo appena aderito al progetto europeo «Pass4core» (Parking Areas Implementing Safety and Security for Core network corridors in Italy) che prevede la realizzazione di aree di sosta attrezzate e di piazzole certificate per l’autotrasporto. Quella dei progetti europei è una via su cui insistere, perché dobbiamo soltanto dare la nostra adesione, ma non ci costano un euro, perché ci sono i fondi europei che stimolano l’intervento privato.
E sul piano interno?
Innanzitutto, lavorare su immagine del settore, regolarità e qualità certificata delle imprese, ma il vero obiettivo è quello che dicevo all’inizio. Mi piacerebbe far capire che l’autotrasporto non può essere soltanto quello che prende la merce e la porta da un’altra parte, ma è parte integrante di una catena logistica. Un tempo c’era la Consulta della Logistica, che per qualche anno ebbe l’importante funzione di camera di compensazione per l’intero sistema dei trasporti, mettendo intorno a un tavolo tutti i soggetti della filiera, committenti compresi. A mio avviso, l’Albo – pur mantenendo la sua connotazione di rappresentante dell’autotrasporto – proprio perché ha una funzione pubblica deve cercare di dialogare con gli altri soggetti della filiera. Non si tratta di far decidere – per esempio – a terminalisti o portuali, ma di confrontarci con gli altri segmenti della catena per trovare soluzione ai problemi. Una maggiore apertura – sia sul piano internazionale che sul piano interno – non può che far crescere tutti.