Il principio costituzionalmente garantito della libertà di iniziativa economica attribuisce alle imprese amplissimi margini di azione e consente loro di individuare liberamente le più efficaci strategie di sviluppo delle proprie attività. Tuttavia, il nostro ordinamento, al pari di quello comunitario, conosce anche varie limitazioni alla libertà di impresa, finalizzate a garantire che la stessa venga attuata da tutti i soggetti presenti sul mercato ponendosi in competizione fra loro nel costante rispetto dei principi di correttezza e lealtà. L’acquisizione di fette di mercato in violazione di tali principi porrebbe, infatti, le imprese che se ne avvantaggiassero in una posizione slealmente concorrenziale nei confronti di quelle che competono nel rispetto delle regole che disciplinano il mercato, sia in senso lato sia lo specifico settore in cui le stesse operano.
Quali comportamenti sono anticoncorrenziali?
Dal punto di vista civilistico, la concorrenza e la concorrenza sleale sono disciplinate dagli artt. 2595 e ss. c.c. In particolare, l’art. 2598 c.c. elenca una serie di fattispecie qualificabili come atti di concorrenza sleale, al ricorrere dei quali è configurabile un comportamento anticoncorrenziale. Il successivo art. 2600 c.c. stabilisce, inoltre, che l’autore delle condotte slealmente concorrenziali è tenuto al risarcimento dei danni sia in caso di dolo, sia di colpa.
I principi della concorrenza valgono anche nell’autotrasporto?
La risposta è evidentemente positiva: il mondo dell’autotrasporto è composto da imprese che si pongono in concorrenza fra di loro e che, quindi, sono anch’esse necessariamente soggette alla normativa sulla concorrenza sleale.
Quali sono le concrete fattispecie di concorrenza sleale nel settore?
A questa domanda la risposta è più difficile, in quanto il contesto è assai ampio e appare complesso, se non impossibile, elencare una casistica anche solo sommariamente esaustiva delle possibili fattispecie di concorrenza sleale che potrebbero astrattamente configurarsi nella prassi operativa quotidiana dell’autotrasporto. Cionondimeno è possibile svolgere alcune considerazioni partendo da esemplificazioni pratiche che, a mio avviso, appaiono piuttosto significative nell’attuale contesto in cui versa il mondo dell’autotrasporto.
L’art. 2598 n. 3) c.c. afferma che compie atti di concorrenza sleale chiunque «si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda». Alla luce di tale principio, appare quindi possibile affermare che rientri nella fattispecie descritta dalla norma il vettore che acquisisse quote di mercato operando in modo non rispettoso delle vigenti normative. La presenza sul mercato di vettori che riescono a proporre alla committenza tariffe assai contenute, operando senza rispettare il vigente quadro normativo, è circostanza nota. Così come è noto che tali soggetti acquisiscono spesso quote di mercato ai danni di vettori rispettosi del vigente quadro regolatorio. Nella consapevolezza di tutto ciò, da anni il legislatore continua a implementare le disposizioni contenute nel D.lgs 286/05, introducendo una sempre più articolata cornice normativa che ha finito per richiedere ai committenti di verificare la “regolarità” dei vettori ai quali affidano i trasporti. Nella gran parte dei casi la normativa speciale di settore sanziona con la «responsabilità condivisa» i committenti che affidano trasporti a vettori che operino in condizioni irrispettose delle norme individuate dal D.lgs 286/05.
«Il vettore che abbia acquisito clienti eseguendo trasporti in violazione di tali norme, potrebbe essere qualificato come soggetto che pone in essere attività slealmente concorrenziali e potrebbe, quindi, essere chiamato a risarcire il danno subito dai vettori concorrenti»
È ipotizzabile imputare al vettore “sleale” un risarcimento danni?
Sulla base dei ricordati principi generali in materia di concorrenza, in caso di mancato rispetto delle varie disposizioni che, ai sensi del D.lgs 286/05, consentono di qualificare “regolare” un vettore, si potrebbe configurare l’applicazione dell’art. 2600 c.c.: di conseguenza il vettore che abbia acquisito clienti eseguendo trasporti in violazione di tali norme, potrebbe essere qualificato come soggetto che pone in essere attività slealmente concorrenziali e potrebbe, quindi, essere chiamato a risarcire il danno subito dai vettori concorrenti.
Si tratta di un ambito di applicazione della normativa in materia di concorrenza sleale al momento ancora poco esplorato, che a mio avviso meriterebbe di essere adeguatamente approfondito, anche in un’ottica di ulteriore rafforzamento degli strumenti che, affiancando le norme di carattere pubblicistico introdotte con il D.lgs 286/05, aiutino a rendere il mondo dell’autotrasporto maggiormente rispettoso di un quadro normativo che impatta in modo significativo sulla sicurezza stradale e sociale.