In tempi difficili e complicati come gli attuali esistono sempre organizzazioni criminali che cercano di trarne un vantaggio illegale, approfittando della situazione di emergenza per i loro affari sporchi. L’ultimo caso riguarda una vera e propria associazione a delinquere che operava nel campo del traffico illecito di rifiuti in Veneto, Campania, Lombardia e altre regioni italiane.
La vicenda era partita da lontano, nel febbraio del 2019, quando alcuni incendi anomali di impianti formalmente autorizzati alla gestione dei rifiuti e di diversi capannoni industriali abbandonati avevano messo in allarme il Comando carabinieri per la tutela ambientale della regione Veneto. Partite le indagini, i carabinieri di Legnago avevano informato il NOE (Nucleo Operativo Ecologico) di Treviso di alcuni movimenti sospetti di mezzi pesanti nei pressi di un capannone in provincia di Verona, in disuso ormai da anni. Le Procure prima della città scaligera e poi Distrettuale Antimafia di Venezia avevano così cominciato a raccogliere prove nei confronti di alcuni personaggi che agivano nel settore del trattamento e trasporto dei rifiuti. Il sistema della truffa era semplice: si inserivano falsi codici dell’Elenco Europeo Rifiuti (EER) nei formulari e poi si gestiva in modo illegale lo smaltimento di grandi quantità di rifiuti speciali (indifferenziati urbani, plastici e tessili, provenienti dalla Campania, dalla Toscana e da altre regioni del Nord Italia). I rifiuti, infatti, non venivano sottoposti alle operazioni di trattamento/recupero ed il materiale di scarto, che risultava sempre accettato formalmente con documenti falsi da una ditta presunta destinataria, era invece trasportato, stoccato e infine abbandonato in capannoni dismessi veneti ed emiliano-romagnoli, ora sequestrati. Si trattava perlopiù di rifiuti speciali che non presentavano frazioni valorizzabili e quindi destinabili solo ed esclusivamente a impianti di smaltimento finale (discarica autorizzata o termovalorizzatore).
I trasporti illeciti – che alla fine sono risultati ben 25, con lo smaltimento illegittimo di circa 2.700 tonnellate di immondizia – avvenivano in sostanza su rimorchi non autorizzati, con l’abbandono dei rifiuti in siti dismessi e privi di autorizzazione, usando formulari artefatti e di copertura per le tratte stradali percorse ed indicando come siti di smaltimento sedi di società fallite o sottoposte a sequestro. La banda poteva in questo modo attuare prezzi assolutamente fuori dagli standard di mercato e dunque assai remunerativi per i proprietari dei rifiuti. I profitti illeciti sono stati calcolati dalle Autorità in oltre 700 mila euro, cifra che è stata posta sotto sequestro preventivo.
Nei giorni scorsi i carabinieri trevigiani del NOE hanno messo la parola ‘fine’ alla vicenda arrestando 9 persone – adesso ai domiciliari con braccialetto elettronico – mentre altri 2 complici sono stati sottoposti all’obbligo di dimora. Sono stati poi sequestrati impianti, uffici, sedi legali ed operative di 3 ditte (due di trattamento e una di trasporto), oltre a 10 motrici/rimorchi utilizzati per le operazioni di trasporto e stoccaggio, per un valore complessivo di circa 500 mila euro. Il blitz conclusivo ha visto impegnati, oltre al NOE di Treviso, militari dei Gruppi tutela ambientale di Milano e Napoli e personale dei carabinieri di Verona, Padova, Vicenza, Mantova, Milano, Monza/Brianza, Napoli, Salerno e Caserta. Oltre agli arresti ed ai sequestri sono state compiute anche 25 perquisizioni, di cui 6 a carico di altre ditte al momento non indagate, con sequestro di documentazione cartacea e digitale, al vaglio degli inquirenti.
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