Quello in cui Cutolo appare più appassionato nel narrare, alleggerendo il racconto di parentetiche, per lasciare uno spazio di sapore vagamente romantico alla descrizione di natura e luoghi circostanti e ai flashback profumati sugli anni della gioventù, in cui i piatti preparati dal cuoco Sgueglia con gli inappuntabili consigli del maresciallo Di Salvo, acquistano gusto e tradizione. Così la narrazione, più fluida e intrigante, costruisce un omicidio che, come in un romanzo di Pirandello o in un film di Kurosawa, modifica la sua veridicità in relazione alla prospettiva con cui lo si guarda. Geniale come, questa relativizzazione del reale, investa il genere stesso del romanzo, quando nell’incipit, al posto delle tinte noir, assume i toni del thriller, costruendo una suspense che, com’è tradizione nell’autore, si scioglie in una risata divertita.
La stessa che accompagna la descrizione dei clienti dell’hotel Furore, trasformati in un campionario dei difetti e delle cattive abitudini dell’italico popolo dei tempi moderni. Da non perdere.