È stata approvata da appena 24 ore e già solleva un vespaio di polemiche. Parliamo della direttiva sull’Eurovignette III, quella cioè che in applicazione dello storico principio seguito da Bruxelles a proposito di ambiente e cioè che “chi inquina paga”, concede agli Stati l’applicazione di una sovrattassa sui pedaggi autostradali parametrata ai livelli di inquinamento dei veicoli. L’extrapedaggio ammonta a 3-4 centesimi per veicolo/chilometro e interessa tutti i mezzi con massa superiore alle 3,5 ton, anche se viene concessa ai paesi membri di innalzare (dandone motivazione alla Commissione europea) il tetto di applicazione alle 12 ton e di escludere dall’aumento i veicoli ecologici, quelli cioè euro 5 (fino a inizio 2014) ed euro 6 (fino al 2018). Al contrario, gli euro 0, 1 e 2 potranno essere penalizzati, con un incremento del 25% della sovrattassa in quei contesti, come le regioni montane, meritevoli di maggiore tutela ambientale. Nelle città ad alta concentrazione di traffico, poi, il supplemento può raggiungere il 125%, seppure in una fascia oraria limitata (5 ore al giorno).
Infine, tutti i soldi incassati con questa extrassazione sono soggette a vincolo di destinazione: almeno il 15%, infatti, devono essere spese per le reti TEN-T e il resto, genericamente, per sistemi di trasporto sostenibile.
Tali norme entreranno in vigore tre settimane dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Tale possibilità di extratassare il trasporto su gomma non è piaciuta ovviamente a molte associazioni di categoria. Secondo il presidente di Contartigianato Trasporti, Francesco Del Boca (che peraltro è anche presidente dell’UETR, organismo europeo critico anche in fase di approvazione) “La direttiva non dà nessuna garanzia che il trasporto stradale di merci sarà reso più pulito: gli Stati membri potranno fare come vogliono con gli introiti dei pedaggi”.
Per il presidente Fai Conftrasporto, invece, la direttiva “è come un macigno legato a una gamba di un centometrista”, che provoca un “danno incalcolabile alla competitività, in un Paese che soffre del problema della permeabilità dell’arco alpino, è privo di alternative ferroviarie e dove la velocità commerciale è la più bassa rispetto alla media europea”.
“Il principio del chi inquina paga”, aggiunge Uggè, “è certamente condivisibile ma se e in quanto esistono le alternative al trasporto su gomma. Per questo il Governo deve chiedere la riapertura del dossier sul gasolio professionale per l’autotrasporto e la riconsiderazione del danno prodotto dall’economia nazionale per l’attraversamento delle Alpi”. Ma soprattutto, puntualizza Uggè, “le imprese di autotrasporto chiedono al Governo di aprire, prima dell’applicazione di quanto previsto con la direttiva, un confronto con le associazioni di categoria onde evitare di far pagare a una componente essenziale per lo sviluppo e la competitività le conseguenze di un ambientalismo che insiste nel non voler coniugare il rispetto dell’ambiente con le esigenze dell’economia moderna”.
Concetti ribaditi anche da Anita, secondo la quale la direttiva “comporterà un aggravio ulteriore per l’autotrasporto nell’attraversamento delle Alpi. La previsione di un importo supplementare per la congestione, che non sarà recuperabile, comporterà un aumento del livello attuale dei pedaggi di oltre il 10% per le emissioni e di oltre il 50% per la congestione nei trasporti internazionali.
Un tale aumento del costo del trasporto stradale, in mancanza di una valida alternativa di trasporto su ferrovia, avrà gravi ripercussioni sull’economia italiana, considerando che le grandi infrastrutture ferroviarie come il Brennero e la Torino/Lione saranno pronte dopo il 2025”.
I giorni scorsi peraltro anche all’interno di Confindustria si era mossa addirittura il presidente Emma Marcegaglia, per esprimere chiaramente contrarietà al provvedimento, a maggior ragione perché nella sua stesura finale si è eliminato il vincolo di destinazione totale degli introiti degli extrapedaggi alla realizzazione di infrastrutture funzionali allo sviluppo di modalità alternative alla gomma.
Anche il governo non ha preso sottogamba la questione. Il ministro ai Trasporti Altero Matteoli ha fatto sapere, i giorni precedenti all’approvazione della direttiva, che l’Italia è contraria a un’applicazione sul proprio territorio della direttiva, ma che il problema nasce comunque dal fatto che l’Eurovignetta sarà introdotta da Paesi come Germania, Austria, Slovenia e Francia – vale a dire paesi di attraversamento – che in questo modo incamereranno introiti fiscali facendoli versare ai trasportatori degli Stati di confine dell’Unione, Italia compresa.
Ma gli europarlamentari del PD, David Sassoli e Debora Serracchiani, giudicano tardiva la presa di posizione del governo: “Perché, ci chiediamo, l’Italia si è limitata a criticare in fase negoziale la direttiva, senza avanzare alcuna proposta o provandoci fuori tempo massimo, isolandosi così in sede di Consiglio?”. “Se il governo italiano intende tutelare gli interessi degli autotrasportatori con i fatti e non a chiacchiere – concludono i due europarlamentari del Pd – anziché fare la voce grossa nei tempi e nei modi sbagliati, intervenga con decisione, come fece il governo Prodi, per abbassare il prezzo del carburante. Quella sì una vera ‘tagliola’ che pesa sui costi di autotrasporto, in misura decisamente maggiore dei costi esterni”.
E proprio sui costi – quelli minimi, però – Del Boca trova almeno un motivo di soddisfazione rispetto alla direttiva: “la stessa Commissione europea – dichiara il presidente di Confartigianato – ha affermato che nel futuro sistema elettronico di pedaggi, al momento del pagamento verrà emessa ai trasportatori una ricevuta che evidenzierà la maggior quota dell’importo pagato per i ‘costi esterni’, al fine di poterli girare ai clienti finali committenti. Cosa molto interessante vista la disciplina sui costi minimi che abbiamo in Italia: questo elemento, se in futuro da noi si decidesse di attuare la Direttiva, dovrà essere preso in considerazione“.