Il ricostruito in Italia non trova molta fortuna. O meglio, incontra il favore di molti autotrasportatori, ma la penetrazione di mercato non è lontanamente paragonabile a quella di altri paesi europei ed è ad anni luce di distanza da quella degli Usa. Eppure in questi anni di magra il ricostruito ha tutti i numeri utili a convincere anche i più scettici. Anche se poi, in verità, di numeri ne basta uno: il 70% del prezzo di uno pneumatico è dato dal valore della carcassa. E questo dice tanto. Dice, per esempio, che la qualità dei materiali e delle mescole utilizzati per ricostruire il battistrada è di qualità più che buona, così come è tecnologicamente avanzata la tecnica di produzione. Anzi, molto spesso sono gli stessi materiali usati per realizzare i nuovi.
E non si tratta di chiacchiere: la produzione di pneumatici ricostruiti è disciplinata da rigorose norme internazionali che definiscono con precisione le diverse fasi del processo produttivo di ricostruzione (i regolamenti Ece Onu 109) e dei controlli da eseguire.
Eppure, a fronte di questo totale parallelismo sul fronte della qualità e quindi della sicurezza, il ricostruisce ha il vantaggio di garantire rispetto al nuovo un risparmio di circa 1.700 euro in un anno.
A quantificare tale minor peso sui bilanci è stato lo stesso presidente di Airp, Stefano Carloni: un autoarticolato da 44 ton, con 120.000 km annui di percorrenza, spende in media 3.900 euro per gli pneumatici; se si affida a ricostruiti la spesa scende a circa 2.200 euro. Se vi sembra poco…
Pneumatici: i ricostruiti costano in media 1.700 euro in meno dei nuovi
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