Secondo l’Osservatorio Airp sulla Mobilità Sostenibile, all’inizio dell’anno nel nostro Paese circolavano quasi 4 milioni di autocarri, di cui circa la metà Euro 0-1-2. Sempre secondo l’Osservatorio permangono forti differenze fra il nord e il sud dove il parco autocarri più vecchio è in Calabria, seguita a distanza ravvicinata da Sicilia, Campania e Basilicata. Per contro, con il più basso numero di autocarri Euro 0-1-2, svetta il Trentino Alto Adige con una quota di molto inferiore alla media nazionale (vedi tabella).
Secondo l’Airp la difficile situazione economica e il conseguente calo dei volumi di traffico delle merci hanno imposto alle aziende un rallentamento nel rinnovo del parco veicolare a disposizione e questo pesa sull’ambiente visto che il trasporto merci su gomma continua a essere la modalità più diffusa (circa il 90% sul totale) oltre che di gran lunga più flessibile e idonea per assicurare la movimentazione delle merci sul nostro territorio.
Avere mezzi immatricolati prima del 2001, cioè Euro 0, Euro 1 ed Euro 2, significa oltre ad avere un parco circolante con un impatto ambientale molto maggiore rispetto a quello che si avrebbe con veicoli di nuova generazione, anche la sicurezza ne risente notevolmente.
Il decreto 21 marzo (apparso in GU il 13 giugno scorso) ha stanziato 24 milioni di euro per incentivare l’acquisto di tanti strumenti, compresi i veicoli Euro 6. Ma, alcuni nutrono perplessità in merito. Tra questi Stefano Ciccone, ad di Renault Trucks che, in una intervista rilasciata a Uomini e Trasporti (in uscita sul numero 290 agosto/settembre 2013) afferma: «In un mercato in cui il 78% dei veicoli è sotto lo standard euro 3, a me pare curioso che si incentivi il passaggio agli euro 6, anziché togliere dalle strade italiane un 12% di euro 0 con incentivi sulla rottamazione.».
Il 46,88% del parco autocarri in Italia ha più di 12 anni
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