Eterna diatriba: «cavalleria» esuberante o solo quella che serve? Cambio manuale o cambio automatizzato? Su strada, ormai, le scelte si stanno delineando abbastanza chiaramente con la vittoria dell’automatizzato e dei motori «under 500 cv». In cava e in cantiere invece la tradizione del «duro e puro» è più resistente e quindi le superpotenze, ma soprattutto il cambio manuale, sono ancora considerati un plus a cui è difficile rinunciare. Ma è veramente così? Per rispondere abbiamo preso due Arocs, entrambi Euro 6, uno con cambio automatico e l’altro con un manuale. Li abbiamo «rinchiusi» dentro a una cava ed ecco cosa è venuto fuori.
Due filosofie a confronto
La giornata è piovosa, il terreno della cava in cui ci troviamo, alle porte di Milano, è fangoso. Insomma, la situazione se non è ideale per le foto, è invece ottima per provare i due veicoli. A vederli a fianco, a parte le casse Andreoli e Emilcamion, rispettivamente la prima sull’Arocs 4148 manuale e la seconda sul 4151 con l’automatizzato PowerShift (per la prima volta di serie su un veicolo da cantiere) sono identici. Entrambi sono in conformazione 8×4 con un passo di 4250 mm e, anche se il nuovo Arocs vanta ben sette varianti di cabina, qui hanno entrambi la 2.3 con tetto standard, quella che meglio si adatta alle mission di questo veicolo. Poche le differenze anche nell’allestimento interno, con il 4151 che dispone di un terzo sedile centrale. E non è certo questo a limitare l’attraverso della cabina e neppure il tunnel di soli 17 centimetri, quanto la struttura della leva del cambio manuale, sfruttata come portaoggetti nel modello con cambio automatizzato. In compenso, senza sedile centrale, è più facile accedere allo spazio retrocabina, sempre comodo per riporre strumenti di lavoro e dotato di due comodi gavoni. Fatte queste considerazioni non resta che mettersi alla guida.
Il test dell’automatico
Sarà per il cambio automatizzato o magari per la plancia standard su tutti i veicoli della gamma, ma ho la netta impressione di guidare un Actros e non l’Arocs 4151. A vuoto facciamo un primo giro in cava ed è utile per verificare che, pure così leggeri, la trazione è sempre ottima in tutte le situazioni e mai occorre intervenire sui bloccaggi del differenziale, anche nelle salite più impegnative. A questo punto carichiamo il veicolo fino a massa totale di 40,9 t e ci affidiamo totalmente all’automatismo avendo solo l’accortezza di metterlo in posizione offroad prima di affrontare le salite, bloccando anche il differenziale centrale. Così i cambi avvengono a un regime superiore per un’andatura più aggressiva, inutile invece nei tratti di sterrato pianeggiante, dove togliamo il blocco del differenziale e ritorniamo sulla taratura di cambio standard per non penalizzare i consumi. Il freno motore a tre posizioni è sempre pronto a venire in supporto nelle discese più ripide, «accompagnandoci» fino alla fine con sicurezza. Muoversi in cava e su percorsi sconnessi non è mai stato così facile anche a pieno carico.
Il test del manuale
Nonostante la massa totale di 41,8 t e i 30 cv in meno, la prima sensazione è che non siano i cavalli a mancare, affrontiamo infatti le stesse salite precedenti con la medesima facilità.
Ripartire da fermo è più complesso perché con l’antiarretramento inserito il primo spunto è quasi in automatico, ma poi lo si deve supportare con lo stacco finale della frizione e l’acceleratore.
Sempre efficiente il freno motore in tutte le situazioni, mentre una nota di merito incondizionata va spesa per lo sterzo leggero e preciso, con un raggio di curva strettissimo che permette di muoversi con agio anche negli spazi più stretti. Il ritorno su strada con il 4148 manuale conferma la netta simpatia per l’automatizzato, ma per il motore ci sbilanciamo a favore del 480 cv, che non ha mai fatto rimpiangere il più potente 510 cv, stabilendo un rapporto più facile con il portafoglio.