Pronti, via. Lo Sportello Unico Doganale e di Controllo – più sinteticamente noto come «Sudoco» – è partito ufficialmente all’interno del porto di La Spezia, prima infrastruttura italiana a realizzare il progetto. Dal punto di vista operativo, a dare avvio al tutto, sotto gli occhi dello stato maggiore dell’Agenzia delle Dogane e dell’Autorità di Sistema Portuale, è stato un camion che, con un container caricato nel porto, ha percorso gli otto chilometri necessari per raggiungere il Centro Unico dei Controlli (CUI) di Santo Stefano di Magra, retroporto dello scalo. E proprio questo percorso costituisce quella infrastruttura digitale posta sotto controllo geosatellitare e che consente di realizzare contemporaneamente, proprio nel Centro Unico, tutti i controlli necessari sulla merce trasportata.
Un miracolo? Neanche per sogno. Più semplicemente la conseguenza di quella che gli informatici chiamano l’interoperabilità dei sistemi informativi. Detto altrimenti, farli dialogare. In questo caso i sistemi sono quelli che le diverse amministrazioni coinvolte utilizzano nella gestione delle attività di importazione ed esportazione. In definitiva, quindi, lo scopo del Sudoco è proprio quello di creare un singolo punto di accesso in cui poter effettuare in modo concomitante e coordinato tutti i controlli in maniera digitale, così da ottimizzare tempi e costi della logistica e creare una stretta integrazione tra porto e interporto. Vale a dire, tagliare le troppe ore di attesa e quindi alleggerire i costi dell’improduttività di chi attende.
Per la precisione a La Spezia è stata avviata la fase 1 del progetto, quella relativa al Coordinamento dei Controlli, finalizzato a snellire le procedure di verifica e di sdoganamento in pochi minuti. Gli altri due riguarderanno la Gestione dei Certificati, vale a dire il rilascio dei provvedimenti autorizzativi necessari per gli operatori e per le amministrazioni coinvolte, e il Tracciamento delle Merci, ossia la raccolta e la fruizione di informazioni utili a tracciare in modo fisico e documentale le operazioni e le procedure legate alle merci.
Soddisfatto il presidente Mario Sommariva, che ha sottolineato come «il nostro sistema portuale si conferma innovatore nelle procedure e nell’impiego di nuove tecnologie».
Dopo lo scalo ligure toccherà a Livorno ad adottare il Sudoco e di seguito a diversi altri porti italiani.
Il Sudoco approda a La Spezia: in pochi minuti tutte le operazioni di sdoganamento
Il paradosso del decreto Flussi: apre all’ingresso di immigrati ma pretende da loro la CQC europea
La carenza di autisti in Italia è un problema concreto. E qualche associazione di categoria, come la confindustriale Anita, ritiene che con l’ingresso di immigrati disponibili a svolgere questo mestiere il problema si potrebbe minimizzare. Ecco perché la stessa associazione plaude al governo italiano che, oggi come lo scorso anno, ha ritagliato all’interno del decreto Flussi una quota di ingressi regolari a lavoratori extra-Ue interessati a diventare autisti professionali per il trasporto di merci su strada, definendola una «boccata d’ossigeno» per gli operatori del settore. Il problema che però la stessa associazione, per bocca del presidente Thomas Baumgartner, denuncia al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e al ministro del  Lavoro Marina Elvira Calderone, riguarda il fatto che questa norma, così come è stata scritta lo scorso anno, non serve assolutamente a nulla. La questione, cioè, non riguarda tanto il numero degli ingressi, giudicato tutto sommato congruo, quanto il fatto che, almeno lo scorso anno, nessun conducente è potuto entrare nel nostro Paese poiché privo dei titoli abilitativi – più in particolare della Carta di qualificazione del conducente – richiesta dalle normative europee.
In pratica il presidente denuncia che «l’autista proveniente da un Paese non-UE dovrebbe essere in possesso di CQC già nel momento in cui entra in Italia per svolgere tale professione», ma questa cosa è veramente assurda e paradossale. «Da un lato infatti – spiega Baumgartner  – non è possibile acquisire la qualificazione europea in uno Stato non appartenente alla UE e, dall’altro lato, non è consentito di assumere un conducente se non già in possesso della CQC europea». Insomma, secondo il presidente di Anita siamo di fronte a un «corto circuito normativo che deve essere affrontato e risolto nei tempi più rapidi possibili, riconoscendo all’autista estero un congruo periodo entro il quale, una volta entrato nel nostro Paese, possa lavorare e nel frattempo acquisire la CQC».
10 domande a… Domenico Lizzi
CARTA DI IDENTITÀ
Nome | Domenico | |||||||||||||||
Cognome | Lizzi | |||||||||||||||
Età | 45 | |||||||||||||||
Stato Civile | coniugato | |||||||||||||||
Punto di partenza | Pescara | |||||||||||||||
Anzianità di Servizio | 23 anni | |||||||||||||||
Settore di attività | trasporto rifiuti |
- Come mai hai scelto di salire sul camion?
A differenza di molti, non ho parenti in famiglia che mi hanno insegnato il mestiere, non mi considero un «feticista» del camion né sono uno di quelli che «lo faccio per passione». All’epoca, erano i primi anni 2000, decisi di fare l’autista per scelta economica. Le paghe erano buone. Si guadagnava più del doppio rispetto a un operaio. Poi i tempi sono cambiati, è arrivata la crisi e le cose sono andate sempre peggio. Ma in qualche modo sono rimasto legato al camion.
- Cosa ti ha convinto a restarci?
Beh, sai, dopo un certo numero di anni che fai un mestiere, poi è difficile cambiare. Anche perché la vita da autista non ti permette di frequentare scuole o formarti in altro. Questo è ormai il mio lavoro e continuo a svolgerlo come se facessi qualsiasi altra occupazione, con impegno e professionalità .
- Cosa trasporti?
Lavoro presso un’azienda del pescarese che si occupa di smistamento e trasporto di scarti industriali di vario tipo: carta, cartone, ferro, rame, televisori, macchinari non più utilizzati ecc. Il mio compito è trasportare questi rifiuti verso gli impianti di smaltimento dedicati, che in genere si trovano al Nord Italia o all’estero.
- E il viaggio di ritorno?
Se c’è merce da ritirare per il nostro impianto a Pescara, la ritiriamo. Altrimenti c’è il conto terzi.
- Com’è lavorare nel settore rifiuti?
Sicuramente non ti annoi. Ogni viaggio è diverso dall’altro. Trasportando vari materiali, si cambiano tanti tipi di rimorchio. Devi essere pratico con centinati, cisterne, ribaltabili, cassonati, casse mobili. Insomma, devi avere le competenze per saper fare tutto.
- E le tue passioni?
I libri, la cucina e la musica. E fare video sul mio canale YouTube.
- Dicci di più sulla tua attività da youtuber…
È una passione nata per caso. Alcuni anni fa mi imbattei in due autisti che non riuscivano a chiudere il telone di un camion. Erano anziani, quelli che io chiamo «gli ex», cioè persone che avevano cambiato lavoro o avevano la vecchia patente del militare. Col tempo incontrai anche altre persone di una certa età poco avvezze al mestiere. Nacque così l’idea di fare video didattici e aprii il canale «sQuola di camion», volutamente con la «Q» per dare l’idea di un approccio elementare, in cui spiegavo, ad esempio, come si lega un carico, come si cambia una ruota, a cosa stare attenti.
- Come è proseguito questo progetto?
Col tempo si è trasformato e oggi è diventato piuttosto un canale di attivismo in cui parlo dei diritti degli autisti.
- A proposito di tutele, c’è qualcosa di cui non si parla abbastanza e che invece meriterebbe più considerazione?
L’assenza dei defibrillatori nelle nuove aree di sosta per camion. Nei regolamenti europei c’è scritto di tutto, da quanti watt devono avere le lampadine dei parcheggi a quanta distanza ci dev’essere tra l’erba e il recinto, ma dei defibrillatori non c’è traccia. È assurdo. Anche perché la nostra professione è tra le più a rischio per gli infarti.
- Se dovessi fare un ritratto del camionista moderno, come lo dipingeresti?
Imbruttito, incazzato e sempre in polemica, anche con i nostri stessi colleghi. Il fatto è che la solitudine di questo lavoro è pesante. Quando trascorri parecchio tempo con te stesso, cominci a farti tanti ragionamenti che poi quelli degli altri ti sembrano tutti sbagliati e solo i tuoi sono giusti. E quindi critichi tutto e tutti. Io stesso ricado in questo leitmotiv.
Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».
Da grigio a fosco: previsioni per l’autotrasporto europeo per il 2023
Il mercato europeo del trasporto merci su strada rallenterà , crescendo soltanto dell’1,1% in termini reali fino a raggiungere i 389.338 milioni di euro. Lo rilevano un’analisi elaborata da Transport Intelligence (Ti) in cui si evidenzia come l’aumento dell’inflazione, la crisi energetica, il rischio di recessione e le sfide del settore manifatturiero ostacoleranno in modo significativo la performance del mercato nel 2023.
La crescita del PIL nell’Europa avanzata dovrebbe scendere dal 3,2% nel 2022 allo 0,6% nel 2023, con una revisione al ribasso di 0,7 punti percentuali rispetto alle proiezioni del FMI di luglio. Anche nelle economie europee emergenti si prevede un forte calo della crescita, dal 4,3% nel 2022 all’1,7% nel 2023, con una revisione al ribasso di 1 punto percentuale.
Il rallentamento del 2023 riguarderà il trasporto merci su strada sia nazionale che internazionale, seppure il primo sarà più marcato. Per la precisione, il mercato nazionale europeo dell’autotrasporto dovrebbe espandersi dello 0,7% in termini reali, mentre quello internazionale dovrebbe registrare una crescita del 2,1%.
I fattori che funzionano da freno per la ripresa sono noti: la guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione elevata e l’incombente recessione globale. Tutto ciò peserà sul potere d’acquisto dei consumatori che, a sua volta, avrà un impatto sulla domanda di trasporto su strada.
Produzione industriale e manifatturiera
La carenza di materie prime e di prodotti intermedi, l’indebolimento della domanda e le carenze energetiche offuscano le prospettive del settore manifatturiero in Europa. Transport Intelligent prende come esempio il caso della Germania, principale esportatore manifatturiero europeo, che subirà una battuta d’arresto. Una recente indagine delle Camere dell’Industria e del Commercio tedesche (DIHK), condotta su un campione di 3.500 produttori, ha rilevato che il 16% sta riducendo la produzione o interrompendo parzialmente l’attività a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia. Gli ordini tedeschi sono ancora alti e questo induce a pensare che non ci sarà un calo significativo della produzione, però i nuovi ordini sono sempre meno numerosi e alimentano grigie prospettive.
I problemi sono particolarmente gravi nell‘industria automobilistica. Mentre la carenza di semiconduttori continua a sconvolgere la produzione, in Europa l’attenzione si sposta sugli effetti della carenza di gas. Mentre i governi annunciano misure emergenziali per ridurne l’uso industriale, le case automobilistiche europee aumentano gli sforzi per ridurre l’uso di energia. Secondo ACEA e S&P Global Mobility, tutto ciò porterà a potenziali perdite di produzione da parte degli stabilimenti europei di oltre 1 milione di unità a trimestre, già a partire dal quarto trimestre del 2022 e fino a tutto il 2023.
Inoltre, secondo l’Istituto Ifo di Monaco di Baviera, circa il 90% delle aziende di ogni settore non riceve tutti i materiali e i prodotti intermedi di cui ha bisogno per far funzionare le proprie fabbriche.
Mentre molte aziende tecnologiche nutrono speranze per il 2023, i produttori automobilistici tedeschi hanno una visione più pessimistica al riguardo. Sia il Gruppo Mercedes-Benz che Volkswagen hanno dichiarato che la carenza di chip non solo non finirà nel 2022, ma continuerà per tutto il 2023, poiché si tratta di un problema strutturale che non può essere risolto rapidamente.
Congestione infrastrutturale e ridotta capacità di carico
La guerra in Ucraina sta avendo un impatto sostanziale sulle economie europee, sull’approvvigionamento energetico e di conseguenza sul mercato del trasporto merci su strada. Per evitare l’interruzione dell’approvvigionamento energetico, la Germania ha emanato un decreto legislativo per la sua rete ferroviaria, dando temporaneamente la priorità al trasporto di energia in modo da garantire il funzionamento continuo di centrali elettriche, raffinerie e reti elettriche. La misura sarà in vigore per 6 mesi. Considerando il già elevato utilizzo della rete di trasporto merci su rotaia, anche a causa dell’aumento delle spedizioni di grano dall’Ucraina, la limitata capacità ferroviaria potrebbe causare uno spostamento delle merci non prioritarie su strada. Dopo la Germania, anche la Polonia ha dato priorità al trasporto del carbone su rotaia rispetto ai passeggeri e ad altre merci. Di conseguenza le reti stradali, nonostante siano già fortemente congestionate, dovranno assorbire le merci che non vengono trasportate su rotaia.
Infine, si sta registrando una capacità di trasporto più contenuta molto probabilmente a causa della carenza di forza lavoro e in particolare di autisti. Secondo la borsa merci eCargo di Timocom, in alcuni Paesi europei si è registrato un calo significativo dell’offerta di spazio nei veicoli. In Germania, per esempio, nei primi nove mesi del 2022 Timocom ha registrato il 24% di capacità in meno rispetto al 2021. E fenomeni analoghi si stanno manifestando anche in Romania e in Ungheria, che tradizionalmente svolgono un ruolo da paesi-vettori.
La Polonia, invece, fa eccezione e registra al contrario un aumento della capacità dei camion. Una giustificazione di questa apparente stranezza la si rinviene nell’applicazione delle modifiche normative introdotte con il Pacchetto Mobilità : a partire da maggio 2022, i trasportatori che gestiscono flotte di veicoli tra le 2,5 e le 3,5 tonnellate sono obbligati a soddisfare gli stessi requisiti che finora interessavano solo i trasportatori attivi con veicoli sopra le 3,5 tonnellate. Di conseguenza, affidarsi a furgoni con peso fino a 3,5 tonnellate è diventato sempre meno attraente per i trasportatori polacchi, che a questo punto fanno il salto direttamente su camion più grandi. Prova ne sia che, nel terzo trimestre del 2022 la Polonia – dati Acea – ha registrato il 15,7% in più di immatricolazioni di autocarri di peso superiore a 3,5 tonnellate, mentre le immatricolazioni di veicoli commerciali leggeri fino a 3,5 tonnellate sono diminuite del 13,1%.
Carenza di autisti
In molti Paesi europei (Francia, Spagna, Germania, Romania, Polonia e Danimarca) la domanda di autisti ha continuato a crescere (+44%) tra gennaio e settembre 2022. Ogni trimestre vengono aperte almeno 6.000 nuove posizioni e, in prospettiva, si prevede che la domanda continui a crescere del 10% all’anno nei prossimi cinque.
L’invasione russa dell’Ucraina sta ulteriormente aggravando il problema e limita l’offerta di camionisti in Germania, dove gli immigrati rappresentano il 24% della forza lavoro degli autisti e gli uomini ucraini sono tornati in patria per combattere.
Il picco, stando alle previsioni, dovrebbe arrivare nel 2026, quando la domanda si potrebbe moltiplicare per sette in Francia. D’altra parte tra cinque anni, circa il 30% degli autisti di camion che attualmente hanno più di 55 anni andrà in pensione, il che rappresenta un terzo di vuoto da colmare.
In generale rispetto ai prossimi cinque anni la previsione è che oltre la metà dei posti di autista di camion non sarà occupata.Â
Costi del carburante e aumenti delle tariffe
L’impennata dei prezzi del gasolio sembra al momento essersi arrestata. I dati più recenti mostrano che nell’UE i prezzi medi del gasolio nel terzo trimestre del 2022 sono diminuiti dell’1,7% rispetto a quello precedente. Ciononostante, le prospettive per i prezzi del gasolio in Europa rimangono incerte. Inoltre, bisogna considerare che l’UE è pronta ad adottare un divieto di importazione del greggio russo. Questa politica impedirà ai barili di petrolio di entrare nel continente, consentendo al mercato mondiale di commerciare e raffinare il petrolio russo solo per la vendita in Europa, a condizione che siano applicati severi limiti di prezzo per l’acquisto del greggio.
Secondo la Commissione europea, nel 2020 il 29% del greggio extra-UE proveniva dalla Russia, per cui la decisione del Paese di accettare o meno questi limiti di prezzo avrà un forte impatto sulla fornitura di gasolio in Europa. E i primi effetti di questa situazione si potrebbe sentire già da dicembre, quando dovrebbe scattare l’inizio delle restrizioni.
Anche se l’offerta rimane scarsa e si prevede che si restringa, questo non significa che l’aumento dei prezzi del gasolio sia inevitabile. D’altra parte, si prevede che il contesto economico in declino in Europa ridurrà la domanda aggregata di petrolio, esercitando di conseguenza una pressione al ribasso sul prezzo del gasolio. Insomma, ci sarà un bilanciamento, ma non è chiaro da che parte finirà per pendere.
Tirando le somme
Considerando l’incertezza economica, è difficile secondo Transport Intelligence fare previsioni affidabili per i prossimi anni e le prospettive del mercato europeo del trasporto merci su strada dipenderanno dall’esito di vari fattori di difficile definizione.
Tuttavia, gli operatori affermati del mercato del trasporto merci su strada stanno già avvertendo un rallentamento del mercato. Waberer’s ha di recente segnalato un calo della domanda di servizi di trasporto su strada nella seconda metà del 2022, in particolare da parte dei rivenditori, e prevede che questa tendenza continuerà .
Nel comunicato relativo al terzo trimestre del 2022, DSV ha inoltre dichiarato che il rallentamento dell’economia sta avendo un impatto sulle sue attività di trasporto su strada, soprattutto per quanto riguarda le attività legate al business-to-consumer e al commercio al dettaglio/e-commerce, e prevede che i mercati continueranno ad essere influenzati negativamente dal rallentamento dell’economia.
Ma sono soltanto esempi, che il tempo potrebbe anche smentire. Questa, almeno, è la speranza…
Tar Lazio: «La ricostituzione dell’Albo Autotrasporto è da annullare»
La ricostituzione del Comitato Centrale dell’Albo degli è da annullare. È questa la conclusione a cui è giunto il Tar del Lazio in una sentenza pubblicata lo scorso 10 novembre 2022 con cui di fatto annulla sia il decreto n. 107/2021 del 14 settembre 2021 sia il decreto n. 432 del 3 novembre 2021 con cui sono stati nominati gli attuali componenti del Comitato. A presentare il ricorso davanti al giudice amministrativo era stata Assotir, associazione presente nel Comitato e in possesso dei requisiti in base alla normativa precedente, che lamentava il fatto che il rinnovo dell’organo di governo dell’Albo doveva essere concluso entro una data – il 21 giugno 2021 – non rispettata invece dall’amministrazione ministeriale. Invece, dopo aver inviato alle associazioni l’invito a manifestare il proprio interesse a essere rappresentate nel Comitato, il ministero ha fatto scadere il termine ricordato e, quindi, ha pubblicato un nuovo decreto con cui cambiava i requisiti per la rappresentanza e rimetteva alle singole Confederazioni il compito di individuare al suo interno una sola associazione. In questo modo, malgrado Assotir avesse presentato la propria candidatura nell’ambito del procedimento di ricostituzione e avesse manifestato il proprio interesse a partecipare alla nomina, non ha più ottenuto la designazione di un proprio membro, perché la Confederazione cui aderisce, precisata nella Confcommercio, le ha preferito un’altra associazione, cioè la FAI.Â
Le ragioni della sentenza
Il Tar del Lazio riscontra innanzi tutto che il ministero avrebbe dovuto concludere il procedimento di ricostituzione del Comitato Centrale entro i termini prescritti e che l’inerzia dell’amministrazione, espressa nella mancata conclusione del procedimento entro il 21 giugno 2021, non è giustificata. Anche perché se non ci fosse un tale limite la pubblica amministrazione otterrebbe un eccessivo potere di dilatare a proprio piacere i termini di conclusione di un procedimento. Nel caso in questione, in effetti, se il procedimento di ricostituzione si fosse concluso prima della pubblicazione del decreto 121/2021, Assotir non sarebbe stata esclusa. Anzi, una volta superato il termine del 21 giugno 2021 senza una ricostituzione del Comitato, la stessa Assotir – che aveva in quel momento i requisiti per partecipare e aveva tempestivamente chiesto la nomina – aveva conquistato una posizione di vantaggio acquisito, indifferente ai mutamenti normativi. E di conseguenza, per questo e per altri motivi riportati dal Tar, l’art. 5 del decreto legge 11 settembre 2021, n. 121, con cui venivano posti nuovi criteri per la partecipazione al Comitato Centrale, non può avere efficacia retroattiva.
Le reazioni
Grande soddisfazione, ovviamente, è stata espressa in casa Assotir. La presidente Anna Vita Manigrasso si dice soddisfatta del fatto che «la Magistratura ha messo la parola fine alla scandalosa vicenda della ricostituzione Comitato Centrale per l’Albo degli Autotrasportatori, voluta dal precedente Esecutivo». Proprio per questo il Segretario Generale, Claudio Donati, dice di aspettarsi, da parte del nuovo Governo «segnali di netta discontinuità rispetto a certe prassi, interrotte – è utile ricordarlo – solo grazie all’intervento della Magistratura. Per i vari soggetti responsabili di questo disastro, si tratta di una lezione da tenere a mente».
«Prendiamo atto della sentenza del Tar del Lazio – ha commentato il presidente del Comitato Centrale dell’Albo, Enrico Finocchi – e i nostri uffici si stanno già organizzando per garantire la funzionalità e la continuità di azione del Comitato».
Ricordiamo che sulla stessa vicenda legata alla ricostituzione del Comitato Centrale dell’Albo esiste anche un altro ricorso pendente davanti al Tar del Lazio. Lo ha presentato la Fiap, un’altra associazione ugualmente esclusa, che però, magari partendo da altri presupposti, mira di fatto a ottenere l’annullamento di quei decreti già annullati con la sentenza del 10 novembre.
Sicurezza stradale, parte la campagna di comunicazione di Inail e MIT
Con lo slogan «Non rischiare, segui la #StradadellaSicurezza», Inail e MIT (ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno lanciato una campagna di comunicazione sul tema della prevenzione e della sicurezza stradale, con l’obiettivo di promuovere comportamenti più corretti che rendano sicura l’esperienza di guida per tutti gli utenti della strada e di suggerire le migliori pratiche in un settore già comunque impegnato in questa direzione.
La campagna, composta da spot audio e video di 30 secondi e da contenuti visuali e informativi, si rivolge specificamente a gestori di aziende di trasporto, datori di lavoro, lavoratori, RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) e altre figure di prevenzione aziendale. Per sottolineare i comportamenti da evitare durante la guida è stata usata la simbologia dei segnali stradali, accompagnati dalle percentuali delle cause degli incidenti.
INCIDENTI STRADALI IN AUMENTO NELL’AUTOTRASPORTO 2021…
L’iniziativa prende spunto dai dati 2021 sugli incidenti stradali nel settore dell’autotrasporto che sono purtroppo in aumento. L’anno scorso le denunce di infortunio con coinvolgimento di un mezzo di trasporto sono state 75 mila, pari a circa il 13% del totale, con un notevole aumento rispetto al 2020, quando però va considerato che le iniziative di contenimento della pandemia avevano quasi dimezzato gli infortuni stradali. Il dato del 2021 resta infatti al di sotto di quello del 2019 (93 mila denunce) e degli anni precedenti. Le denunce di infortuni stradali con esito mortale sono state 415, il 30% del numero complessivo delle morti sul lavoro segnalate, in aumento del 6% rispetto al 2020, ma ancora al di sotto dei circa 500 casi denunciati negli anni precedenti.
In generale il ‘rischio strada’ negli anni pre-pandemia comportava che oltre il 40% dei decessi denunciati all’Istituto fosse avvenuto con il coinvolgimento di un mezzo di trasporto, in occasione di lavoro, come nel caso di tassisti e autotrasportatori, o in itinere, ovvero nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. I lavoratori uomini sono più esposti rispetto alle donne perché maggiormente coinvolti nelle attività che includono la guida di un mezzo di trasporto. La quota maschile è difatti pari al 60% di tutti gli infortuni su strada e sale all’80% negli infortuni legati a lavori svolti con un mezzo di trasporto e a circa il 90% tra le vittime di casi mortali.
…MA IN CALO NEL 2022
Nel primo semestre 2022, tuttavia, la buona notizia è che gli incidenti con autotreni e autoarticolati sembrano in calo. Con riferimento al settore dell’autotrasporto professionale, la Polizia stradale ha infatti comunicato che la percentuale degli incidenti che nei primi sei mesi del 2022 hanno coinvolto i veicoli pesanti sulle autostrade italiane sono stati 628, il 15,9% del totale (contro il 19,4% del primo semestre 2021).
ANCHE PER GLI INCIDENTI PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE
Secondo l’Inail, la prevenzione passa innanzitutto attraverso il comportamento corretto del conducente: dall’osservanza dei limiti di velocità e dei tempi di guida e di riposo, al mantenere inalterato il proprio stato psico-fisico e garantire la funzionalità dell’automezzo; dal rispetto delle norme sull’utilizzo dei telefoni cellulari fino alla pianificazione dei percorsi, tenendo conto anche delle condizioni della strada e dei fenomeni meteorologici avversi. Le statistiche dicono infatti che la distrazione alla guida, il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata rappresentano il 39% delle cause degli incidenti stradali.
Più in particolare, per l’autotrasporto è soprattutto importante rispettare i tempi di guida e di riposo, visto che sonnolenza e stanchezza sono associate a circa 1/5 degli incidenti. Stare svegli per 24 ore comporta infatti errori alla guida simili a quelli commessi da chi ha livelli di alcool nel sangue uguali o superiori a 1,00 g/l (il tasso alcolico nei conducenti professionali deve essere pari a zero).
La campagna di comunicazione per incentivare la sicurezza stradale nell’autotrasporto è iniziata il 3 novembre 2022 e proseguirà per circa un mese su stampa, web, TV e radio nazionali e locali.
Euro 7? IRU favorevole, ma con riserva
Parere favorevole, ma con più di qualche dubbio, dell’IRU (Organizzazione mondiale del trasporto su strada) sulla proposta Euro 7 con cui la Commissione europea intende fissare standard di emissione più ambiziosi per i veicoli pesanti in tutte le alimentazioni.
«Con gli standard di CO₂ in arrivo – spiega l’organizzazione – gli operatori del trasporto su strada vorrebbero che il loro percorso verso la neutralità carbonica includesse diverse opzioni di decarbonizzazione. Quindi non solo mezzi industriali a idrogeno o elettrici, ma anche con il classico motore a combustione interna».
Se quindi l’IRU da una parte apprezza gli sforzi della Commissione europea per soluzioni di riduzione delle emissioni inquinanti, dall’altra teme che il rigore delle norme contenute nella proposta Euro 7 possa in alcuni casi comportare la completa riprogettazione dei veicoli, con gravi implicazioni di costo completamente sproporzionate rispetto ai benefici effettivi.
«Se la proposta Euro 7 non raggiunge il giusto equilibrio tra il rigore delle regole, i costi associati e i benefici ambientali aggiuntivi – afferma Raluca Marian, delegata generale della delegazione permanente IRU presso l’UE – potrebbe disincentivare i produttori dallo sviluppare nuove tecnologie e scoraggiare gli operatori dall’acquistarle. Il che non aiuterà a mettere veicoli più puliti sulla strada».
IRU è anche cauta sull’inserimento di pneumatici e freni nel campo di applicazione delle regole Euro 7. «Nonostante l’importanza di considerare tutte le parti del veicolo che emettono sostanze inquinanti – spiega ancora la delegata – la proposta manca di chiarezza sull’interazione tra componenti principali, come il motore, e parti marginali, come pneumatici e freni, nella classificazione di un veicolo come Euro 7. Un operatore del trasporto potrebbe acquistare un veicolo Euro 7 e un anno dopo il veicolo non potrebbe essere considerato più Euro 7 perché gli pneumatici usurati sono stati sostituiti con gomme di qualità diversa? E quindi non potrebbe più entrare in una zona urbana a basse emissioni a causa dell’usura di alcune parti».§Per l’IRU, insomma, le imprese hanno bisogno di certezza giuridica per effettuare investimenti e, di conseguenza, le regole Euro 7 devono essere pratiche e chiare su tutti questi aspetti.
Una nota positiva, invece, è quella per cui l’Euro 7 semplifica le procedure di prova e migliora l’efficienza dei conducenti e degli operatori dei trasporti, aumentando la digitalizzazione legata al monitoraggio continuo delle emissioni. Ma, anche in questo caso, l’accesso ai dati di bordo ai fini di tale monitoraggio è ancora vago e deve essere chiarito nella prossima legislazione.
Attualmente sulle strade dell’UE circolano circa 7 milioni di veicoli pesanti, di cui oltre il 96% alimentati a diesel, mentre la penetrazione delle tecnologie dei combustibili alternativi è ancora lenta.
Gli ultimi dati di Eurostat mostrano che oltre tre quarti del trasporto merci interno totale dell’UE avviene su strada, un tasso che è aumentato costantemente negli ultimi decenni. Secondo la Commissione europea, inoltre, la domanda di trasporto merci nell’UE dovrebbe crescere di oltre il 60% fino al 2050. Anche supponendo che una quota sostanziale del trasporto merci verrà assorbita da altre modalità di trasporto, la quota e il numero di veicoli su strada dovranno quindi rimanere significativi per soddisfare la domanda.