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Guida col cellulare, multa nulla se non si accerta il mancato uso di auricolari o vivavoce

Un’interessante sentenza del giudice di pace di Roma fornisce nuovi argomenti a favore dei conducenti di veicoli pesanti per quanto riguarda l’utilizzo del cellulare mentre si è alla guida del mezzo, ovviamente seguendo le indicazioni di legge.

Il giudice infatti ha accolto l’opposizione al provvedimento ex art. 6 e 7 d.lgs. 150/2001 con cui veniva sanzionato appunto l’uso del telefonino da parte di un camionista – difeso dall’avv. Roberto Iacovacci – mentre era al volante del proprio autocarro. La ragione è molto semplice: l’organo giudicante ha osservato che l’infrazione non è stata contestata immediatamente. L’agente che aveva inflitto la multa aveva giustificato tale omissione lamentando l’impossibilità o la difficoltà soggettiva a farlo in tempo reale, sia perché il trasgressore era distante dal luogo di accertamento sia perché lo stesso agente era impegnato nella regolamentazione della circolazione. Ma «tale motivazione – ha obiettato il giudice – non appare oggettivamente tale da legittimare la mancata contestazione immediata».

Ma il ragionamento del giudice si spinge anche oltre, ponendosi di fatto un interrogativo conseguente alla situazione appena descritta. Vale a dire, se il verbalizzante era lontano dal trasgressore o stava svolgendo altri compiti, come poteva essere sicuro che l’autista non utilizzasse il vivavoce o un auricolare? Non avendo dunque constatato l’effettiva assenza di questi dispositivi, legittimi per l’uso del cellulare, il comportamento illegittimo non è accertato e di conseguenza non c’è un’oggettiva certezza dell’infrazione.

E questo basta a spiegare il perché il ricorso è stato accolto e perché quindi la multa sia stata annullata.

Migliorare l’estetica del proprio furgone con cerchi aftermarket? Si può fare!

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I tempi sono cambiati. I veicoli commerciali stanno sempre più seguendo la scia delle autovetture. Non solo in termini di alimentazione o di tecnologie a bordo (si pensi ad esempio al progressivo spostamento verso l’elettrificazione, o alla sempre più massiccia connettività per l’infotainment e la sicurezza), ma anche dal punto di vista dell’estetica

La tendenza è quella di mettere il design al centro e a dimostrarlo sono gli stessi costruttori, con una proposta di veicoli in commercio dove la forma o stile si uniscono sempre più all’esigenza di garantire il massimo comfort per l’autista, offrendo innumerevoli possibilità di personalizzazione. Tra queste, l’equipaggiamento degli interni con elementi di design e praticità (vassoi estraibili, basi di appoggio a pavimento, vasche con o senza contenitori ecc.), pannellature e rivestimenti con varie finiture e materiali, cerchi in lega leggeri. 

Anche l’occhio vuole la sua parte

Ovviamente anche nel post-vendita le possibilità di customizzazione sono molteplici. Dal semplice logo con i contatti utili impressi sulla carrozzeria del veicolo, passando per grafiche ad hoc con colori, stili, font e fantasie in linea con la comunicazione visiva della propria attività lavorativa. 

Anche i cerchi in lega aftermarket possono aumentare il livello estetico del veicolo, conferendogli un look più dinamico, grintoso o elegante in base al gusto personale: basti pensare ai cosiddetti design «dedicati», che richiamano le linee e i canoni estetici della casa costruttrice del veicolo, esaltandone l’aspetto. I cerchi in lega inoltre sono spesso migliorativi anche in termini di esperienza di guida, in quanto progettati per coniugare sicurezza, resistenza strutturale e qualità costruttiva.

La proposta di MSW by OZ

Tra le realtà più frizzanti in questo settore spicca MSW by OZ, storico brand italiano specializzato nella produzione di cerchi in lega, il primo marchio di cerchi in lega prodotto e commercializzato da OZ. La proposta MSW by OZ di cerchi in lega copre anche il segmento city van, furgoni e pick-up, offrendo applicazioni omologate per molti brand e modelli disponibili sul mercato. La promessa è design + resistenza, senza compromessi, in ogni stagione: l’offerta per veicoli commerciali infatti propone modelli in grado di sostenere fino a 1.350 kg di carico per ruota.

È possibile scegliere tra diverse finiture: le full painted, come ad esempio Gloss Black o Full Silver, oppure le moderne diamantate, come la finitura Gloss Black Full Polished. Entrambe le soluzioni non temono le intemperie invernali, il sale stradale o le elevate temperature estive grazie alle odierne tecniche produttive.

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La Cassazione conferma: usare la calamita per bloccare il tachigrafo è un reato penale


Manomettere il tachigrafo non comporta soltanto sanzioni amministrative, contemplate dal codice della strada, ma anche altre di natura penale, riferite in particolare all’art. 437 del codice penale in cui è previsto il reato di «rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro». Questo principio è da anni – sentenza n. 47211 del 2016, n. 34107 del 2017 e n. 10494 del 2019 – ribadito dalla Cassazione. Ma adesso trova applicazione in una sentenza più articolata, perché scaturita da una vicenda un po’ diversa. Il fatto preso in considerazione dalla Corte, infatti, giudicato con sentenza n. 40187 del 25 ottobre 2022, riguarda il ricorso contro una decisione della Corte d’appello di Milano presentato da un amministratore di più società di autotrasporto (in sentenza indicato con la sigla G.P.V.) condannato in primo grado a un anno e otto mesi di reclusione e in appello a un anno, un mese e venti giorni, il quale non soltanto aveva utilizzato dei magneti per impedire il corretto funzionamento del cronotachigrafo, così da impedire la registrazione dei tempi di guida e quindi consentire ai suoi autisti di guidare un numero di ore superiore a quello consentito dalla legge, ma aveva anche fatto pesanti pressioni su 14 conducenti dipendenti. Più precisamente, tramite prove raccolte dalle indagini attraverso l’apposizione del GPS sui veicoli, la raccolta di testimonianze e una perquisizione diretta avvenuta il 13 ottobre 2013, veniva appurato che G.P.V. chiedesse ai propri dipendenti di installare a bordo dei mezzi i magneti per bloccare le registrazioni del tachigrafo. E in più – ma questo comportamento è stato oggetto di un altro procedimento, in quanto si tratta di un altro reato – minacciava gli stessi autisti di licenziamento laddove non si fossero adeguati alle sue richieste.

I giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso promosso dall’imprenditore, sottolineando come nel caso in questione ci sono due attività da prendere in considerazione: da una parte l’omessa attività di sistemazione sui mezzi di impianti finalizzati a prevenire infortuni sul lavoro regolarmente funzionanti, dall’altra una condotta positiva di imposizione, ai danni dei singoli conducenti degli automezzi, di utilizzare accorgimenti o specifici dispositivi, diretti proprio ad alterare il regolare flusso dei dati del tachigrafo digitale. Due fattispecie che emergevano distinte nel caso in questione.

Gli altri punti da segnalare della sentenza riguardano:

  • La conferma che «non sussiste rapporto di specialità tra la disposizione di cui all’art. 179 (secondo comma) C.d.S. e quella di cui all’art. 437 cod. pen.», vista la diversità non solo (e non tanto) dei beni giuridici tutelati (vale a dire la sicurezza della circolazione stradale e la sicurezza dei lavoratori, ma anche della natura strutturale delle due fattispecie sotto l’aspetto oggettivo e soggettivo;
  • La conferma che il cronotachigrafo è «un apparecchio per sua natura destinato alla prevenzione d’infortuni sul lavoro» e di conseguenza «il datore di lavoro che imponga l’alterazione di un apparecchio avente finalità di prevenzione degli infortuni, risponde del reato di cui all’articolo 437 Codice Penale, atteso che tale condotta rientra nella previsione tipica della ‘rimozione’». E per «rimozione» – ha chiarito la Corte – può intendersi anche l’attività diretta a frustrare il funzionamento dell’apparecchio, anche a prescindere che il veicolo circoli o meno in strada. 

La conclusione di questa vicenda è spiazzante. Giacché dopo tutti questi chiarimenti e dopo aver respinto il ricorso dell’amministratore di società di autotrasporto, la Cassazione rileva l’intervenuta prescrizione del reato. Vale a dire, tenuto che della data dell’ultimo rinvenimento dei magneti avvenuto tramite perquisizione del 13 ottobre 2013, la prescrizione del reato è scattata tra il novembre del 2020 e il 29 aprile 2021.
Da qui la Cassazione l’annullamento senza rinvio, almeno per gli effetti penali, della sentenza impugnata, in quanto il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Insomma, il principio rimane valido, ma nel caso di specie è trascorso troppo tempo per fare giustizia.

Il viceministro Rixi ottiene la delega per il Mare. E quella per l’autotrasporto?

Le deleghe per il Mare – e quindi per i porti – saranno affidate al viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi. È quanto ha annunciato ieri il vicepresidente del Consiglio dei ministri nonché ministro del MIT, Matteo Salvini, mentre presiedeva a Monfalcone alla consegna della nave Msc Seascape, avvenuta alla presenza del proprietario del gruppo, Gianluigi Aponte. Salvini ha anche chiarito che sulla delega c’è stato già un chiarimento con Rixi, definito dal ministro «un genovese e uomo di mare che gode di tutta la mia fiducia». Peraltro, non sarebbe nemmeno una novità, visto che già nel primo governo Conte Rixi aveva una delega ai porti e alla navigazione interna, affiancata anche a quella all’edilizia speciale e – soprattutto – all’autotrasporto. Se anche stavolta otterrà lo stesso nutrito pacchetto è presto per dirlo, anche se non bisognerà attendere molto, visto che lo stesso Salvini ha preannunciato che la comunicazione ufficiale sulle deleghe avverrà lunedì prossimo.

Il ministro, poi, ha anche ricordato due nodi infrastrutturali su cui sarebbe impegnato, vale a dire quello relativo alla Gronda, l’opera di attraversamento di Genova in attesa di una firma che dia avvio ai lavori, e quello riferito al Terzo Valico. E ha preannunciato che per discutere da vicino di queste opere sarà a Genova il prossimo 4 dicembre. Il giorno successivo, invece, si recherà a Bruxelles con l’obiettivo dichiarato di spostare la fine delle vendite di vetture e veicoli commerciali leggeri oltre il 2035, data fissata dalle istituzioni comunitarie.

Poi, tra i tanti «cantieri da sbloccare in giro per l’Italia», Salvini ha anche incluso la riapertura della società per il ponte sullo Stretto di Messina, da inserire nella prossima legge di bilancio per il prossimo anno.

FAI-Conftrasporto è di nuovo membro dell’IRU

A volte ritornano. La FAI, la Federazione Autotrasportatori Italiani aderente a Conftrasporto-Confcommercio, è tornata a essere un membro dell’IRU, l’organizzazione mondiale che riunisce le associazioni più rappresentative dell’autotrasporto. Lo annuncia il Segretario Generale, Carlotta Caponi, al termine di un costruttivo incontro avuto ieri con i vertici dell’International Road Transport Union.

Le ragioni di questo ripensamento riguardano essenzialmente la particolare contingenza in corso, dove molte tematiche e criticità del settore attraverso trasversalmente tutti i contesti territoriali e quindi è maggiormente opportuno affrontarle in una chiave internazionale. Più precisamente, spiega Caponi, «abbiamo riscontrato nei nostri interlocutori dell’IRU una piena consonanza rispetto ai temi che ci stanno maggiormente a cuore, una consonanza tanto più significativa nella congiuntura di profonda incertezza che il settore attualmente vive al livello globale. Questa consapevolezza ci ha fortemente rafforzato nella volontà di riallacciare le fila di una collaborazione che, rilanciando il posizionamento della FAI in ambito internazionale, ci aiuterà ad affrontare con maggiore efficacia le questioni che sono in cima alla nostra agenda: dalla transizione energetica alla carenza di conducenti, dalla difesa della libera circolazione delle merci al contrasto alle irregolarità».

Divieti ai camion del Tirolo: l’autotrasporto italiano ricorre alla Corte UE contro la Commissione

Sembra la storia di Davide contro Golia. Dove a vestire gli abiti del giovane pastorello c’è l’autotrasporto italiano – per la precisione tre associazioni di settore come Anita, Fai e Fedit – mentre il ruolo del gigante dispettoso spetta alla Commissione europea, giudicata troppo blanda nel fronteggiare i divieti unilaterali di sapore anticoncorrenziale che il land austriaco del Tirolo pone da anni ai nostri veicoli. E per appurare tale responsabilità più che alla fionda l’autotrasporto si è affidato alla Corte di Giustizia dell’UE, davanti alla quale ha citato la Commissione. In pratica, l’obiettivo dell’autotrasporto è di far appurare alla Corte di Giustizia che la normativa del Tirolo è contraria al diritto comunitario e che quindi la Commissione sarebbe dovuta intervenire in maniera decisa per chiederne l’abrogazione tramite una procedura di infrazione.

Ma oltre che a Davide e Golia, l’azione italiana appare anche l’applicazione di quell’adagio che suggerisce di parlare a nuora affinché suocera intenda. Dove la nuora è la Commissione, ma la suocera è ovviamente il Tirolo, che – ci si augura – davanti a un’azione di questo tipo si convinca una volta per tutte a ritirare i provvedimenti ristrettivi della circolazione.

La posizione italiana

Osservata dal punto di vista dell’autotrasporto, ma più in generale della nostra economia – e non a caso accanto alle tre sigle di settore compare anche Confindustria e altre associazioni colpite dai divieti tirolesi – le limitazioni imposte ai mezzi pesanti finiscono per generare significativi extra costi per le imprese italiane, minando la competitività delle produzioni nazionali e della nostra economia. Anche perché, vista la conformazione geografica del nostro paese, il 70% dell’export transita dalle Alpi e per lo più valica il Brennero esattamente lungo una direttrice che coincide con il Corridoio Scan-Med, uno degli assi portanti della rete transeuropea di trasporto.

La difesa del Tirolo

Il Tirolo, da parte sua, si è sempre difeso sventolando la bandiera ambientale, ma di fatto non ha mai dimostrato che le restrizioni al transito stradale sono idonee a conseguire obiettivi ecologici, né che esista un giusto bilanciamento tra le esigenze di tutela del diritto alla salute e quelle di tutela della libera circolazione delle merci e della concorrenza nell’UE. In ogni caso Anita, Fai e Fedit ritengono le ragioni ambientali soltanto un pretesto, anche perché nel corso degli anni gli autotrasportatori hanno investito nel ricambio veicoli equipaggiati con motori di ultima generazione. Prova ne sia che le stazioni di rilevamento lungo l’autostrada nel Tirolo non registrano più superamenti della soglia di emissioni imposta dalle normative europee. Poi è vero che per andare al di là si potrebbe usare anche il treno, ma al momento attuale visto che non ci sono tracce disponibili e che i terminali per il trasbordo sono già saturati, per avere reali alternative alla strada bisogna attendere l’entrata in funzione della Galleria di base del Brennero BBT. 

La parola alle associazioni

«Da parecchi anni la nostra Associazione denuncia l’inaccettabile situazione che le imprese italiane sono costrette a subire a causa dei divieti di circolazione imposti dal Tirolo – ha dichiarato il presidente di Anita, Thomas Baumgartner – e in assenza di interventi decisivi da parte delle Istituzioni europee, abbiamo deciso, trovando piena sintonia nelle altre organizzazioni del trasporto e dell’industria, di mettere in campo un’azione legale per porre fine alla reiterata violazione dei principi di libera circolazione delle merci e di equa concorrenza nell’UE».

«Le azioni inadeguate della Commissione UE nei confronti del Tirolo austriaco, per contrastare in maniera efficace la politica pseudo ambientalista perseguita ai danni del nostro Paese, ci ha costretti a richiedere l’intervento della Corte di Giustizia ha dichiarato Paolo Uggé, presidente della FAI – Auspichiamo che la Corte accerti definitivamente le responsabilità di chi, nel corso di questi anni, ha assistito impassibile allo scempio perpetrato ai danni delle nostre imprese, evitando di aprire una procedura d’infrazione verso l’Austria per violazione delle norme del Trattato UE sulla concorrenza e sulla libera circolazione delle merci».

«Le limitazioni al transito stradale dei mezzi pesanti attraverso il Tirolo, decisa unilateralmente senza alcuna consultazione con il governo italiano, e senza alcuna riflessione sui costi e sulle conseguenze che esso sta provocando, non da oggi, rischia di diventare un danno incalcolabile per l’economia del Paese» ha dichiarato il Segretario Generale della Fedit Salvatore Cocchiaro. Che ha aggiunto: «È da qualche anno ormai che la direttrice dello sviluppo e dell’export si è spostata verso nord-est. Lungo questa direttrice l’autostrada del Brennero rappresenta, come tutti sanno, il percorso obbligato e naturale. In un momento nel quale l’economia italiana ha ripreso vigore con standard di sviluppo del Pil importanti, la decisione del Tirolo, che di questo dovrà rispondere alle autorità comunitarie e al Paese, appare come un gesto incomprensibile, quasi ostile. Mentre ci accingiamo a presentare il ricorso alla Corte di Giustizia ha concluso Cocchiaro – esprimiamo l’auspicio che le Autorità Tirolesi tornino sui loro passi».

Mercato commerciali sempre più in basso, a ottobre immatricolazioni al -9,7%

Mentre il mercato dei veicoli pesanti dà importanti segni di risveglio, quello dei veicoli commerciali continua a soffrire anche a ottobre, registrando la nona flessione consecutiva. Secondo le stime del Centro Studi e Statistiche UNRAE (Unione delle Case automobilistiche estere), si è registrato lo scorso mese un calo del 9,7%, con 13.800 immatricolazioni contro le 15.288 dello stesso periodo del 2021. In generale, nei primi dieci mesi dell’anno, la flessione è del 12,2% con 134.178 immatricolazioni, pari a una perdita di circa 19.000 veicoli (fino a 3,5 ton di peso totale a terra) rispetto al periodo gennaio-ottobre 2021.

La struttura del mercato dei primi 9 mesi (con dati ancora suscettibili di leggeri aggiustamenti nei prossimi due mesi, a causa dei ritardi di immatricolazione), confrontata con lo stesso periodo 2021, conferma in flessione le società, al 41,5% di share (-2,4 punti percentuali), e il noleggio a breve termine (-27%), al 4,6% di quota di mercato. Il noleggio a lungo termine è l’unico canale in crescita, con una quota che arriva al 30,3% del totale (+7,6%).

Dall’analisi delle motorizzazioni, in gennaio-settembre il diesel perde 8,7 punti, scendendo al 76,1% di quota; il benzina continua a crescere, sfiorando il 6% del totale (+2,6%) e il gpl sale anch’esso al 3% di share. Il metano riduce la rappresentatività all’1,5%, mentre i veicoli ibridi salgono al 10,8% di share (+5,1%) e gli elettrici si arrampicano al 2,4% delle preferenze.
La CO2 media ponderata dei veicoli con ptt fino a 3,5 ton nei primi 9 mesi scende del 7,7% a 181,3 g/Km (rispetto ai 196,4 g/Km dello stesso periodo 2021).

Per rivitalizzare il mercato, accelerando nel frattempo sulla mobilità a zero o bassissime emissioni anche per le merci, il presidente UNRAE, Michele Crisci, propone di «predisporre una rete infrastrutturale con una serie di misure che ne agevolino la realizzazione quali: sgravi fiscali per l’installazione di ricariche private; credito di imposta per gli investimenti in ricariche fast charge; emanazione di un preciso e puntuale cronoprogramma, con obiettivi per singola area geografica e tipologia di strada; accelerazione nell’emanazione delle norme attuative dei provvedimenti in materia».
«Per accelerare lo svecchiamento del parco veicolare – conclude – serve poi l’estensione degli incentivi ad alimentazioni diverse dall’elettrico a fronte di rottamazione, con importi decrescenti in funzione dell’alimentazione e della massa».

Chi viaggia a metano chiede una mano

C’è un grido di sofferenza che ogni giorno da più di un anno si solleva da quel vasto mondo che ha scelto da anni di affidare la propria mobilità al metano. Un grido fino a oggi troppo poco ascoltato. Cerchiamo di chiarire quanto è popolato questo mondo e come lo si potrebbe aiutare. ù

Le dimensioni del problema

Un camion alimentato con LNG o – ancora meglio – con bio-LNG costa qualcosa di più, ma taglia le emissioni inquinanti. Prova ne sia che, proprio per tale ragione, il governo ne ha sostenuto l’acquisto, concedendo incentivi che nell’ultima versione arrivavano a 24 mila euro. È stata una politica corretta, anche perché soprattutto rispetto alla versione bio del gas naturale poteva fornire un aiuto che, in un frangente segnato da riduzioni della materia prima (quella, tanto per intenderci, in arrivo dalla Russia, che si interromperà nella prima settimana di dicembre), poteva fornire un contributo nazionale all’approvvigionamento, in quanto “creato” nel territorio italiano e non importato dall’estero. Anche perché non parliamo propriamente di quattro gocce di carburante: i calcoli dicono che la produzione di biometano, laddove venisse dedicata interamente all’autotrazione, potrebbe coprire in Italia il 25-30% dei consumi di tutto il trasporto su strada di persone e merci entro il 2040
Fatto sta che, nel momento in cui il prezzo di questo carburante è schizzato alle stelle, anche perché – come ha denunciato a Ecomondo  Valerio Vanacore, responsabile trazioni alternative di Iveco mercato Italia – la quotazione della materia prima sottostante viene rimessa a dinamiche internazionali e spesso speculative, che poco hanno a che fare con il prodotto, tutti coloro che avevano investito nel metano, come detto, sono entrati in difficoltà. Parliamo complessivamente di circa un milione di veicoli leggeri posseduti primariamente da famiglie e piccoli imprenditori, di circa 4.000 veicoli pesanti impiegati per trasporto conto terzi, di 1.550 stazioni di rifornimento che erogano gas compresso, di 120 stazioni che erogano gas liquefatto, di 6.000 officine specializzate in veicoli a gas, di 30 impianti di produzione di biometano destinato all’autotrazione (150 MW).
In totale è un universo che interessa circa 25 mila lavoratori addetti nelle varie aree di interesse e ha alle spalle investimenti per circa 17 miliardi di euro.
Non si può dire che il governo se ne sia completamente disinteressato: di fatto ha ridotto l’Iva sugli acquisti al 5% e ha riconosciuto un credito d’imposta del 20% sulle spese sostenute per l’acquisto di carburante LNG per i trasportatori, che però non è ancora arrivato nella disponibilità degli interessati. Senza considerare che sarà compensativo soltanto in piccolissima parte, visto che l’incremento alla pompa del gas naturale liquefatto è stato del 226%. 

Le proposte di Fedit

Per gettare una ciambella di salvataggio a questo settore in difficoltà la Fedit (Federazione Italiana Trasportatori) chiede un intervento più concreto e mirato al governo finalizzato a riportare il prezzo al pubblico del gas naturale per autotrazione ai livelli pre-crisi del gas (1 Euro/kg) attraverso le seguenti iniziative:

– valutare l’istituzione di un price cap sui prezzi dei distributori alla pompa

– ottenere un credito d’imposta sull’acquisto del carburante, per imprese e consumatori, relativamente al gas naturale liquefatto (in linea con il provvedimento preso nel 2022) con estensione al GNC.

– rendere i veicoli alimentati a biometano equivalenti (dal punto di vista degli incentivi) a quelli a elettricità (a batteria o a fuel cell ad idrogeno).

La posizione del vice ministro Rixi

Dal governo ovviamente non ci sono ancora risposte, ma può essere significativo riportare quanto affermato nei giorni scorsi dal vice ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi, il quale intervenendo all’assemblea pubblica di Federchimica-Assogasliquidi ha detto a chiare lettere che «quando si parla di transizione ecologica e di sostenibilità ambientale non si può fare a meno del gas liquido e soprattutto non si può fare a meno di ragionare sugli approvvigionamenti per automezzi e impianti al fine di renderli ecologicamente sostenibili, ma anche economicamente convenienti». Proprio per questo – ha aggiunto Rixi –«abbiamo bisogno di investire sugli impianti per il Gnl nei porti. Per farlo servono norme stabili e la capacità del Paese di diversificare le fonti di rifornimento della catena logistica. Il mondo cambia in fretta e dobbiamo avere una macchina burocratica più agile, con norme adeguate alle sfide che questi anni ci impongono». Sulla carta sembrano concetti che vanno esattamente nella direzione corretta. Ma ora servono i fatti.

Un Iveco 80/17 alla Dakar Classic 2023

Al Salone dedicato al motorismo storico (Fiera Milano Rho dal 18 al 20 novembre 2022), il Team Desert Endurance Motorsport presenterà in anteprima assoluta, presso il proprio stand – Victorious (Pad 6 – Stand A39/B40), alcuni veicoli del team, che parteciperanno alla Dakar Classic 2023.
In particolare, sarà esposto un camion Iveco 80/17 Water Cooled, 4×4, appositamente preparato e allestito per poter affrontare in sicurezza i percorsi sabbiosi del deserto dell’Arabia Saudita.

La Dakar Classic 2023, che prenderà il via il prossimo 31 dicembre, fa parte di un progetto ideato da Victorious (una piattaforma europea dedicata al motorismo storico) che prevede la presenza di 2 vetture, 2 camion, il servizio dedicato di assistenza e logistica. A bordo di uno dei due camion storici salirà anche Nunzia Del Gaudio, co-fondatrice di Adrenaline24h, l’agenzia di comunicazione dedicata esclusivamente al motorismo storico. «Ormai ci siamo a fine novembre i mezzi in gara saranno imbarcati per il viaggio verso l’Arabia Saudita – dichiara Ermanno De Angelis, Co-fondatore di Victorious e Adrenaline24h – Un percorso durato quasi un anno, ci ha portato ad oggi, con una grandissima soddisfazione, grazie ad un grande lavoro di squadra, con un team affiatato e tutti i nostri partner, che hanno contribuito in maniera determinante per la realizzazione di questo progetto. Siamo tutti pronti, gli equipaggi hanno già la giusta dose di adrenalina, noi saremo a bordo di uno dei nostri camion con Nunzia e siamo già catapultati all’edizione 2024, presentando una grande novità. Forza procediamo siamo tutti concentrati!!!».

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