Le sanzioni amministrative derivanti da infrazioni del codice della strada vengono aggiornate ogni due anni alla variazione del costo della vita accertata dall’Istat. Lo prescrive una norma del codice della strada a cui negli ultimi anni, caratterizzati da bassa inflazione, non abbiamo prestato molta attenzione. Ma visto l’ultimo anno, con un’inflazione che ha agevolmente superato la doppia cifra, c’era il rischio che da gennaio le multe stradali sarebbero lievitate di circa l’11%. Per esempio, la multa per il passaggio con semaforo rosso sarebbe passata da 167 euro a 185 euro.
La legge di Bilancio, però, scongiura questo aumento e anzi all’articolo 80 congela la misura sia per il 2023 sia per il 2024. E lo fa in ragione dell’«eccezionalità della situazione economica».
Soddisfatte molte associazioni di tutela dei consumatori, ma anche l’ASAPS, l’Associazione Amici della polizia stradale che aveva quantificato il possibile aumento in addirittura il 15%. Un po’ meno contente, invece, tante amministrazioni comunali per le quali gli introiti derivanti dalle sanzioni amministrative incidono sensibilmente sui bilanci dell’ente pubblico. Quanto incidono? A questa domanda ha risposto la fondazione Openpolis in maniera dettagliata. Il grafico in basso, riferito ai Comuni con popolazione superiore ai 200 mila abitanti e all’anno 2019, aiuta a comprendere come.
In media il peso è del 2,93%, ma ci sono città come Padova e Bologna che presentano percentuali più che doppie, rispettivamente del 6,46% e del 6,01%. Si tenga presente che nella voce «sanzioni amministrative» compresi gli incassi «provenienti da multe, ammende, sanzioni, somme per il risarcimento danni e oblazioni comminate a carico delle famiglie e delle imprese che operano sul territorio di competenza».