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Le potenzialità logistiche di Novara

Il 1 aprile 2011, i vertici del CIM di Novara hanno siglato un’intesa con i rappresentanti degli enti locali, il sottosegretario del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Giachino – in qualità di presidente della Consulta per il Trasporto – e le società FS Logistica, Ferrovie Nord Milano e Satap per dare impulso al sistema del traffico merci e della logistica di Novara.

Nell’intesa i firmatari condividono la convinzione che il territorio novarese ha un potenziale nell’ambito dei flussi nazionali ed internazionali delle merci. L’atto d’indirizzo si propone quindi “lo sviluppo delle piattaforme logistiche e delle attività correlate – alcune delle quali già esistenti o in fase di sviluppo – che individuino nell’Interporto il proprio punto di raccordo e coordinamento”. I progetti saranno individuati in un Master Plan per poi essere definiti nel piano di sviluppo dell’Interporto di Novara, tra cui un nuovo binario ferroviario.

 

Trattative tra Mortara e La Spezia

Il presidente dell’Autorità Portuale della Spezia, ha ricevuto una delegazione del polo logistico integrato di Mortara (Pv), una delle più importanti piattaforme logistiche del Nord Italia al fine di stringere una collaborazione per un nuovo collegamento tra La Spezia e Rotterdam attraverso Mortara. Ciò comporterebbe uno sviluppo dei traffici, un’apertura ai mercati che attualmente si sviluppano nei porti del Nord Europa a cui lo scalo di La Spezia potrebbe offrire una valida alternativa, con un notevole risparmio in termini di tempo e di inquinamento ambientale. Si pensa anche ad un protocollo d’intesa da siglare insieme al porto di Savona per mettere in atto il servizio ferroviario tra i due porti e il polo logistico per raggiungere  Rotterdam.

 

Un accordo tra Fernetti e Zanardo

Un accordo fra la società di servizi logistici Zanardo e il terminal intermodale Fernetti, vicino a Trieste, ha aperto il collegamento ferroviario con treni merci dall’Italia alla Cina, via Transiberiana. La distanza da percorrere scende a 11.000 km contro i 22.000 della circumnavigazione marina. I primi container sono già arrivati a destinazione in tempi brevi e a costi controllati, senza contare il minor impatto ambientale. Se infatti tra partenza e arrivo con la nave si impiegano 50 giorni door-to-door, con il treno si impiegano 30 giorni, che dovrebbero scendere a breve a 21. Per certe tipologie di merce significa ridurre le scorte di magazzino e inoltre per la merce che si ferma in Russia, il treno ha un costo inferiore rispetto alla strada e opera regolarmente per 12 mesi all’anno, con tempi di 12-14 giorni, riducibili a 6-10 giorni. Ma anche per la merce destinata o proveniente dalla Cina, il treno, pur costando di più, garantisce regolarità di prezzo, mentre i noli marittimi hanno variazioni anche del 300%. L’utilizzo del treno è conveniente per merci ad alto valore aggiunto, come i componenti automotive e elettronici.

L’accordo inserisce il terminal di Fernetti nella rete dell’operatore austriaco Far East Landbridge, che collega Germania e Nord della Cina via Polonia e Russia. Il servizio italiano, ancora in fase di collaudo, prevede partenze dei treni tutti i mercoledì da Fernetti, il terminal intermodale che recentemente ha visto l’inaugurazione di un chilometro di binari che lo collega alla stazione di Villa Opicina, a pochi chilometri dal confine con la Slovenia. Inoltre rappresenta il retroporto di Trieste, collegato con l’autostrada ai porti di Capodistria e di Monfalcone.

 

Interporto Bologna si lega a Porto di Livorno

L’accordo di collaborazione firmato tra il porto di Livorno e l’interporto di Bologna prevede che le merci si spostino da Livorno, attraverso la linea ferroviaria ad alta capacità Firenze-Bologna, per giungere all’Interporto emiliano. Tre i punti focali: «sviluppo dei traffici, contaneirizzati e non, tra le due infrastrutture; promozione delle relazioni di traffico tra Spagna e Italia attraverso i porti spagnoli e francesi»; «condivisione delle iniziative e delle soluzioni adottate in merito ai servizi intermodali-ferroviari».

Verrà inoltre messo a gara il servizio di manovra nel porto, finora svolto da Serfer, per una gestione unitaria del servizio di manovra e trazione ferroviaria dalla stazione del Calambrone ai singoli terminal portuali, anche per gestire i controlli doganali presso questo scalo.

Convinto dell’alleanza con Livorno è il presidente dell’Interporto di Bologna, Alessandro Ricci: «Bologna e Livorno possono contribuire a creare un corridoio multimodale per le infrastrutture, favorendo una logica di cooperazione di rete che preveda anche il coinvolgimento di Guasticce e dell’interporto di Prato».

 

Il contributo della UIR al Piano della Logistica

L’Unione Interporti Riuniti torna sul documento elaborato dalla Consulta Generale per l’Autotrasporto e la Logistica al fine di contribuire alla definizione di strategie concrete basate su precise scelte e priorità necessarie per una futura politica dei trasporti, inclusi gli interporti.

Per l’Associazione basterebbero poche azioni ma chiare, tre assi di intervento su cui centrare l’azione di un Piano della Logistica calato in una politica industriale più generale, dalla quale estrapolare indicazioni operative come effetto dell’andamento del mercato:

1.                 scelte coerenti di politica fiscale per tutti i modi di trasporto;

2.                 misure decise a sostegno della intermodalità e della co-modalità;

3.                 semplificazione delle procedure doganali.

Test: Mercedes Axor 2533

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DISTRIBUZIONE ALLA GRANDE PER LA GRANDE DISTRIBUZIONE
 
Il ricorso a veicoli di gamma pesante per la gestione delle consegne, soprattutto per i servizi alla GDO, sta diventando sempre più frequente. Anche per questo è stato pensato il nuovo Mercedes Axor. E il nuovo look lo rende pure più accattivante   di Alberto Mondinelli   Complice anche la nuova calandra, con i due grandi elementi che l’attraversano a tutta larghezza e che creano un indiscusso «family feeling» con l’ammiraglia Actros, a prima vista i due modelli si potrebbero anche confondere. Eppure i punti in comune sono di più con il medio Atego, e non solo per la mission principale, cioè la distribuzione. Infatti nel restyling dei due modelli in Mercedes hanno deciso che il denominatore comune dovesse essere la loro vocazione alle attività distributive, concentrando nella cabina gli interventi di maggiore rilievo. Così all’interno troviamo un nuovo cruscotto con display grafico comandato dal volante multifunzione e una cornice cromata attorno a contagiri e tachimetro; inediti anche i rivestimenti dei sedili con poggiatesta integrato. Nel modello in prova era montato anche un grande (per non dire ingombrante) frigorifero sulla sommità del cofano motore, che elimina così ogni velleità di movimento nonostante la cabina sia il modello lungo e alto (LH), quindi con una buona altezza utile e una cuccetta (all’occorrenza due) per la notte. Il motore è un sei cilindri in linea di 7,2 litri e 326 cv, EEV, dotato del sistema Start/Stop che spegne il veicolo quando è fermo. A sorpresa invece il cambio è un manuale a 16 rapporti, quindi montato come optional: una delle novità principali del nuovo Axor, infatti, è proprio quella di avere il cambio automatizzato di serie. Una scelta viste le maggiori valenze di cui dispone un cambio semiautomatico rispetto a uno manuale per le mission distributive.   IL TEST Partenza da Vittuone, alle porte di Milano, dal centro formazione di Mercedes. L’obiettivo è di avvicinarci alla zona dell’aeroporto di Malpensa per la viabilità ordinaria, attraversare l’abitato di Castano Primo e poi rientrare alla base attraverso la superstrada che serve l’aeroporto e un breve tratto dell’autostrada Milano-Torino. Un percorso che privilegia strade urbane ed extraurbane senza dimenticare l’autostrada, ricostruendo quindi i tragitti che un veicolo come l’Axor solitamente incontra in fase di distribuzione. Da notare che il veicolo è senza carico e questo deve essere tenuto in considerazione leggendo le nostre sensazioni di guida.

SULLA VIABILITÀ ORDINARIA
 
La prima cosa che colpisce del nuovo Axor è l’assetto di guida. Come tutti i Mercedes il volante è piuttosto orizzontale e non c’è modo di abbassarlo più di tanto perché altrimenti ci si avvicina troppo alle gambe o ci si scosta troppo dai pedali, visto che la regolazione longitudinale del sedile è su rotaie inclinate che alzano il sedile man mano ci si allontana dal volante. Oltre a questo l’altezza della leva del cambio è un po’ eccesiva e porta il braccio a lavorare in maniera non ottimale. Proprio alla luce di queste piccole criticità, il fatto che mi trovi subito a mio agio sottolinea come l’Axor sia stato pensato – e bene – per mission distributive. La generosa coppia del motore consente di superare tutte le rotonde senza dover scendere nell’H inferiore del cambio e non c’è mai bisogno, per scalare di mezza marcia, di usare lo split, posto sulla parte anteriore della leva e quindi di facile impiego. Quando poi ci si deve fermare a un semaforo il sistema Start/Stop entra subito in funzione spegnendo il veicolo e facendolo ripartire come si schiaccia la frizione. Se però si resta con la marcia innestata e la frizione schiacciata il motore continua a girare. Nel caso di cambio automatizzato invece il sistema si attiva appena ci si ferma: sarà il rilascio del pedale del freno, e quindi l’azionamento della frizione automatica, a rimetterlo in moto. L’ottima manovrabilità del cambio manuale, preciso negli innesti, non fa rimpiangere troppo l’automatizzato, anche se credo che un operatore logistico che solitamente deve far fronte a un ampio turnover di autisti, abbia nel semiautomatico un sicuro alleato nell’ottimizzazione dell’uso della driveline e nella difesa della sua integrità e durata. L’attraversamento dei centri abitati consente di verificare la grande maneggevolezza del veicolo, la cui sagoma è ben inquadrata dagli specchietti retrovisori che consentono di avere tutto sotto controllo anche nei passaggi più stretti. Il raggio di sterzata è ottimo e cava d’impaccio in maniera rapida anche nelle manovre in zone anguste. La frenata è ottima, ma è consigliabile fare ricorso anche al supporto del freno motore, azionabile sulla leva alla destra del volante, la stessa che regola il cruise control. Per tutte, ma veramente tutte, le informazioni che si vogliono avere si ricorre invece al ben dimensionato cluster che si trova al centro del cruscotto ed è azionato dai tasti sulla sinistra del volante, senza mai togliere le mani dallo stesso.  

IN AUTOSTRADA

È il momento di rientrare alla base e imbocchiamo la superstrada a due corsie che ci porta verso l’autostrada. Il ricorso al cruise control è consigliabile anche per non superare i limiti e la sua manovra è intuibile e veloce. Senza dimenticare che stiamo viaggiando con il veicolo vuoto, la potenza del sei cilindri ci pare adeguata, esuberante quel tanto per farci ritenere che anche a pieno carico il tutto sarebbe ampiamente dimensionato. In autostrada viaggiamo a 85 km/h a 1.500 giri/min, un regime che dovrebbe ottimizzare anche i consumi, già abbattuti nell’uso normale dall’intervento del dispositivo Start/Stop, che qualche litro di gasolio, soprattutto quando le soste sono frequenti, lo fa risparmiare. Quanto poi alla tutela dell’ambiente, il motore EEV garantisce emissioni inferiori anche alle Euro 5 e quindi l’accesso ai centri storici, tara permettendo, non è un problema. La guida in autostrada prosegue senza particolari note di rilievo: il comfort di marcia è elevato e la sensazione di sentirsi a proprio agio notevole. Con questo restyling in Mercedes hanno voluto mettere in primo piano le esigenze di comfort del mondo della distribuzione, spalmandole allo stesso modo pure all’interno del medio Atego (Truck of the Year 2011). Insomma, realizzare un camion più bello, ma soprattutto più comodo ed efficiente.  

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Test Pesanti: ASTRA HD8 86.48 8×6

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L’Astra HD8 acquisisce il cambio automatico Allison, solitamente montato sui dumper, e si crea una nicchia di mercato tutta sua. Indubbia la validità tecnica come dimostrano i 10 veicoli «volati» sulla Alpi Svizzere   di Alberto Mondinelli   «Dieci Astra HD8 allestiti con trasmissioni automatiche Allison sono in prima linea sul fronte di scavo delle gallerie che porteranno alle future centrali idroelettriche di Nant de Drance e Linth-Limmern, nel cuore delle Alpi Svizzere». Fin qui la notizia già lascia perplessi perché, conoscendo la scarsa accoglienza riservata ai cambi automatizzati in cava, certo non ci si aspetta che la scelta cada addirittura su un automatico puro come l’Allison, pur nella sua versione più «pesante». L’Allison 4700R è solitamente utilizzato sui veicoli più specialisti, militari in testa, ma anche sui dumper nei quali Astra è tra i leader. E qui risiedono le ragioni di questo nuovo e interessante connubio testimoniato dalle spettacolari foto del trasporto in quota del veicolo che opererà per i lavori di ampliamento della centrale idroelettrica di Linth-Limmern. Connubio che, tramite un modello gemello, abbiamo provato in cava. 
IL TEST
 
Il nostro test si svolge in una cava ridotta a un pantano dalle insistenti piogge. Le nostre impressioni quindi si riferiscono a un giro limitato, che non ha contemplato un’escursione sulla viabilità ordinaria. A queste affianchiamo però i commenti dei tecnici che usano da mesi i mezzi in questione sulle Alpi svizzere, così da dare una panoramica più completa sulla resa dell’HD8 equipaggiato con automatico Allison.  

IN CAVA

 Essenziale. Non c’è un altro aggettivo per descrivere la cabina dell’HD8 8×6 che mi attende in mezzo a un fango che farebbe rabbrividire anche l’off-road più incallito. Non provo neppure a pulirlo per le foto: la realtà è questa ed è inutile cercare di cambiarla. Vorrà dire che la prova sarà ancora più significativa. Salire in cabina non cambia il giudizio iniziale: c’è tutto ciò che serve, ma ogni cosa è essenziale senza concessioni all’estetica. Persino il comando del cambio automatico è costituito da un castelletto e da una leva, semplici che più non si può. In compenso basta inserire il «drive» perché l’HD8 si trasformi in un «mulo» irrefrenabile, che fango e pieno carico non possono rallentare. I numeri sulla cloche lasciano intuire la possibilità di intervenire manualmente, ma non è necessario: il motore 13 litri mette a disposizioni tutti i suoi 480 cv e l’Allison li usa al meglio scegliendo il rapporto ottimale per avere sempre lo spunto necessario per districarsi anche nelle situazioni in cui il ricorso alla trazione anteriore sembrerebbe indispensabile. Infatti, nella gestione del veicolo sono di fondamentale importanza i tre tasti che si trovano alla sommità del cofano motore, in posizione non proprio rapidamente raggiungibile se si è impegnati alla guida. Il primo verso la plancia inserisce le ridotte, quello al centro la trazione anteriore e l’ultimo, a due posizioni, il ripartitore dei ponti posteriori e il bloccaggio dei semiassi. Un led segnala quale delle sei marce è inserita, mentre il colorato cruscotto è prodigo di informazioni sia attraverso gli strumenti analogici che il cluster centrale. La cabina, a dispetto del suo aspetto spartano, si rivela confortevole e la dotazione di stipetti e accessori è buona, tale da rispondere alle normali esigenze d’uso. Adesso è il momento di sentire cosa dice chi lo usa sulle Alpi.  

IN SVIZZERA

Niklaus Zaugg è l’ingegnere meccanico del Gruppo Marti Implenia, il Consorzio vincitore dell’appalto per la costruzione del tunnel d’accesso e del sito sotterraneo dove troverà posto la centrale idroelettrica di Nant de Drance che, insieme a quella da potenziare di Linth-Limmern, garantirà energia sufficiente per il fabbisogno futuro dell’intera Svizzera e dei suoi trasporti pubblici. «Il cantiere si trova a 2000 metri d’altezza – spiega – e la strada d’accesso d’inverno è impraticabile. Per questo motivo i lavori si svolgono da aprile a novembre, 24 ore al giorno su tre turni. Va da sé che avendo dei tempi contrattuali da rispettare, la priorità per noi era quella di avere mezzi assolutamente affidabili, produttivi e semplici da guidare. Il connubio Astra-Allison era in grado di rispondere al meglio a queste esigenze: la robustezza e tradizione Astra nel settore dei veicoli cava-cantiere unita al cambio automatico Allison della serie 4700R, specificamente progettato per operare nelle condizioni più difficili, assicurano il massimo comfort di guida, il trasferimento continuo della potenza alle ruote e un maggior controllo del mezzo a velocità ridotta». Le trasmissioni automatiche Allison sono dotate di rallentatore idraulico integrato perché all’uscita della galleria la strada che porta al deposito di materiale di scavo è in forte pendenza, circa il 12%, e il rallentatore del cambio automatico semplifica le operazioni consentendo di allungare la vita utile dei freni. Inoltre il convertitore di coppa contribuisce a ridurre i costi di manutenzione. Le trasmissioni dell’azienda americana non utilizzano frizioni a secco, poiché realizzano l’accoppiamento tra motore e cambio tramite il convertitore idraulico. Questo modulo elimina la manutenzione e l’usura e assicura – secondo gli operatori svizzeri –  un superiore spunto del veicolo, un controllo preciso delle ruote con qualsiasi tipo di carico e un’accelerazione rapida e costante. Infine c’è da precisare che il personale che lavora nei tunnel non sempre è costituito da autisti provetti, quindi è fondamentale che i veicoli siano semplici da condurre. E solo i cambi automatici – secondo il Gruppo Marti – possono garantire di non avere brutte sorprese, come rotture della frizione dovute a manovre errate e conseguenti tempi morti per la riparazione.  

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Test: Volvo FMX 500 8X4 / VIDEO

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Appena salgo in cabina mi attende subito una bella sorpresa. A parte i due soli gradini e quindi un accesso abbastanza agevole, all’interno l’allestimento è un pregevole compromesso (ma il termine non va letto con accezione riduttiva) tra l’esigenza di un comfort di marcia e di vita a bordo, tipici di uno stradale, e la rude essenzialità della tradizione cava-cantiere: alla Volvo hanno fatto proprio un lavoro eccellente. Le buone sensazioni sono confermate come ci si avvia per il giro di prova. La scelta del modello più potente dell’offerta, dotato di cambio automatizzato I-Shift è certamente un po’ controcorrente, soprattutto rispetto all’opzione relativa al cambio automatizzato che in cava stenta a decollare, contrariamente a quanto sta accadendo su strada. Dallo scambio di opinioni con il responsabile prodotto di Volvo Trucks Italia ho la conferma che spesso si tratta di una prevenzione immotivata, il più delle volte smontata dalla prova pratica, quando cioè si possono verificare in diretta le ampie possibilità di intervento diretto dell’autista offerte dall’I-Shift. Da parte mia sono invece un convinto fautore dell’automatizzato e quindi vado a caccia di conferme. La progressione del sei cilindri da 13 litri è decisa, ottima per destreggiarsi su un terreno infido dove la pioggia ha creato ampi acquitrini in cui è facile impantanarsi anche con un 8×4. Affronto subito il percorso in automatismo completo e l’FMX sembra reagire bene a tutte le sollecitazioni. Il selettore di marcia posto al fianco del sedile presenta a destra un pulsante a due posizioni (+/-) che nell’uso manuale consente di salire o scendere di marcia a discrezione dell’autista, ma in automatico permette all’autista di «suggerire» al veicolo il comportamento ottimale. Per esempio, schiacciando il «meno» in prossimità di una salita si eviterà che la centralina salga di una marcia proprio in prossimità dell’attacco, per poi trovarsi in difficoltà quando la pendenza aumenta; così pure intervenendo sul «più» in prossimità di una discesa si lascerà una marcia più efficiente ai fini del freno motore. E proprio in una ripida discesa ho modo di apprezzare il freno motore in abbinamento con l’altrettanto efficiente retarder a tre posizioni, più un ultimo scatto che massimizza l’effetto frenante a un regime di 2300 giri/min. Tutte le situazioni sono affrontate con grande autorevolezza dal FMX: anche un errore in una curva, con relativa retromarcia per completarla, non crea nessun problema, a conferma della grande motricità e della totale adeguatezza del software del cambio automatizzato a far fronte a tutte le situazioni che, in una cava, sono di ordinaria amministrazione. I freni di servizio si mostrano perfettamente adeguati: sul modello in prova sono a tamburo, ma è prevista anche l’opzione a disco con annesso il sistema hill-holder per facilitare le partenze in salita. Utile anche il sensore di carico che invia alla trasmissione informazioni precise per adeguare la partenza e la strategia di cambio-marcia in base alle condizioni effettive.

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Samoter: i ribaltabili in mostra

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Quando si risveglierà il mercato? Quando avremo chiuso la porta in faccia alla crisi? Quando la smetteremo di piangerci addosso? La risposta è: ora. Malgrado tutti gli alti e bassi – più bassi – del governo. Il Samoter c’è, le case costruttrici pure e sicuramente anche il pubblico dei clienti. Manca solo il lavoro. Luisa Todini, a capo dell’omonimo gruppo industriale (hanno appena firmato il contratto per la costruzione della nuova metro a Copenhagen, con un valore della commessa di 1,7 miliardi) non ha avuto dubbi ad affermarlo: «In Italia il governo ha fatto molto poco». Il Piano casa è naufragato e anche il mercato italiano delle macchine movimento terra nel 2010 registra una flessione dell’8,9%. Ma non è questione di un anno…

«Con il 2010 – dichiara Enrico Santini, presidente di Unacea – si archivia il terzo anno negativo che ha dimezzato il volume delle vendite rispetto al picco del 2007. Molto positivo è stato il contributo della Tremonti Ter nei primi sei mesi, mentre inconsistenti sono stati gli effetti della rottamazione. Adesso è il momento di uscire dall’emergenza e congegnare un sistema stabile di incentivi all’innovazione nel cantiere che premi nei bandi di gara con punti aggiuntivi le imprese edili che investono in macchine e attrezzature nuove, ovvero più sicure e rispettose dell’ambiente».

«Considerando la perdurante situazione critica – aggiunge Franco Invernizzi (New Holland Construction – Fiat Industrial), vicepresidente Unacea – è fondamentale che il parlamento europeo tuteli il futuro di questa industria, approvando la proposta di estensione dei criteri di flessibilità per quanto riguarda la direttiva emissioni». Unacea di concerto con il Cece – l’associazione dei produttori di macchine per costruzioni – propone infatti di spalmare su un tempo più lungo i costi di adeguamento alle normative sulle emissioni, che con la crisi in corso nel settore potrebbero portare alla chiusura molti piccoli produttori e danneggiare fortemente i più grandi.

«La crisi – aggiunge Enrico Prandini (Komatsu), vicepresidente Unacea – ha reso ancora più evidenti le distorsioni prodotte sul mercato dall’importazione di macchine non conformi, pericolose per la sicurezza dei lavoratori e dannose per l’ambiente. Ai produttori italiani ed europei si richiede il rispetto rigoroso di tutte le moltissime norme per la produzione delle macchine, tuttavia si consente che sul mercato siano presenti mezzi non conformi. In questo modo si crea un danno alla collettività e non si consente alle imprese di rientrare degli investimenti effettuati in ricerca e sviluppo. Si tratta di un grave problema che deve esser risolto con una vera politica di sorveglianza di mercato e, a nostro giudizio, anche con l’istituzione di un’anagrafe dove vengano registrate obbligatoriamente le macchine per costruzioni immesse sul mercato».

Il totale delle macchine movimento terra vendute in Italia nel 2010 è stato di 13.424 unità, mentre le stradali (rulli e vibrofinitrici) sono scese del 17,7% con 413 mezzi, quelle per il calcestruzzo segnano un clamoroso -32,3% per le autobetoniere e un -50% per gli impianti per il calcestruzzo. In controtendenza, le betonpompe in crescita del 15,7%. Se questa è situazione del mercato core business del Samoter, vediamo invece da vicino quello dei trailer.

«Si può dire che in generale nel 2010 le aziende si sono ritarate sulla base delle richieste del mercato», spiega Elena Acerbi dell’omonima Casa piemontese, «sicuramente un aiuto è stato dato dall’entrata in vigore degli incentivi, che si può dire abbiano avuto un discreto riscontro». «Ma come già per l’anno scorso – prosegue – anche per il 2011 è difficile esprimere una sensazione circa l’andamento del mercato. Si confida in una ripresa alla luce dei prossimi avvenimenti come l’Expo». In fiera la Casa di Castelnuovo Scrivia porta il nuovo tutto lega AB03 RP MY 2011 da 41 mc. Ha il telaio più lungo, le sponde più basse (1.800 mm) e la cubatura maggiorata. La porta posteriore è oscillante, stagna e a bandiera. «Abbiamo deciso di puntare sul mondo dei ribaltabili con nuovi investimenti e una nuova gamma tutto alluminio e misto», conclude Acerbi.

Critico resta Michele Flora della Zorzi: «Il settore cava-cantiere segna il passo e stenta a decollare in quanto tutte le grandi opere sono bloccate, già appaltate ma in attesa dei finanziamenti». In fiera la Casa trevigiana espone quindi il Cayman tipo 37S 075Pr, in una nuova versione alleggerita. Ha il telaio interamente in acciaio Ssab Domex 700, assi singoli a disco e sospensione originale Ror, denominata CS9, primo asse sterzante e sollevabile. Impianto Ebs, Ecas Wabco. Monta una cassa da 25 mc in Hardox 450 diviso in tre settori, fondo da mm 4 e sponde da mm 3. Con il tetto elettrico con telecomando Marcolin. Pesa 5.600 kg. E lo affianca al Millennium mezzo d’opera tipo 47S 75RP. Con cassa da 28 mc in Hardox 450 diviso in tre settori con fondo da 5 mm e pareti da 4. Tetto sempre Marcolin con telecomando. Ha il telaio in acciaio con sospensioni pneumatiche e freni a disco Ror, sollevatore del primo asse e barra. Pesa 7.800 kg.

Le aspettative, quindi esistono. Tanto che, «per la primavera del 2011 – prosegue ottimisticamente Flora – ci attendiamo finalmente l’apertura dei cantieri e soprattutto l’influenza (sempre) dell’expo Milano 2015 che porterà nuova linfa. Siamo quindi fiduciosi e ottimisti in una ripresa, soprattutto del cava-cantiere. L’anno si è chiuso abbastanza bene consolidando i numeri espressi nel 2010, come si vede dai tabulati Anfia». I dati riferiscono un mercato generale dei trailer da oltre 8 mezzi (8.861) in crescita del 5,68% sul 2009 a 8.385.

Tornando ai semirimorchi «duri e puri», Bruna Cantoni dell’omonima Casa lombarda pone l’accento sull’impennata di prezzi delle materie prime, che aggrava la già fievole situazione economica di un mercato italiano quasi estinto». «In questo difficile momento – prosegue – c’è un unico stimolo: innovare. Il 2010 lo abbiamo chiuso con un lieve rialzo. Ci si aspettava però molto di più. Il 2011 è iniziato in sordina, e non riusciamo a fare pronostici. Abbiamo rivisitato il ribaltabile Dune e anche la gamma leggera Jolly. Ma la crisi non sembra affatto risolta».

Del medesimo parere è Roberto Pellegrino della Nicolas (non partecipano al Samoter). «Bene non va di certo, direi, anche se abbiamo una quantità di ordini sufficienti, i prezzi sono bassi come non si era mai visto; ci ritroviamo a cercare di mantenere le quote di mercato introducendo novità piuttosto significative, in particolare nei modulari e nei semoventi. Dal Bauma 2010 è stato un susseguirsi di novità e migliorie per stimolare i nostri potenziali clienti. Ma il momento resta duro».

Sui prezzi torna a battere anche Luca de Angelis a capo della De Angelis rimorchi di Ravenna, sorta nel 1911 e che quest’anno festeggia i 100 anni dalla fondazione. «Per il momento devo dire che qualcosa per noi si sta muovendo, però soprattutto nei veicoli speciali, un po’ fuori standard. Speriamo, a ogni modo, che continui questa tendenza. L’unica grande preoccupazione è il costo dei materiali che sta lievitando enormemente e che non riusciamo a girare ai clienti». In fiera portano un semirimorchio telescopico dotato di un innovativo sistema di sterzatura idraulica, «esclusivo della nostra azienda e dotato anche di sistema di riallineamento automatico degli assali E.R.S», soggiunge De Angelis. E un trailer eccezionale telescopico, un semirimorchio a 3 assi legale di ultima generazione con telaio alleggerito, oltre a un rimorchio a 3 assi.

Sempre perplesso anche Giovanni Tomatis della Faymonville Italia:. «La vedo dura. Speriamo, ma è dura», dice laconico. A Verona con un semirimorchio telescopico alto per trasporto di elementi lunghi, in particolare di pale eoliche. È un semirimorchio tutto allungato che arriva a 47 m, con quattro assali sterzanti idraulici, sospensione pneumatica e carico utile da 58 ton; un semirimorchio a due assi sterzanti idraulici extra ribassato con travi laterali allargabili, con la parte ribassata allungabile sino a 17 m. E un semirimorchio eccezionale modello Vario 2+4 con vasca ribassata allargabile idraulicamente sino a 5 m, con il pianale ribassato lungo sino a 14 m e una portata utile di 90 ton.

Gioca in Casa l’Adige, alle porte del casello di Verona Sud ci sono ancora gli stabilimenti e il marchio ben in vista su un traliccio, ora trasferita da Ezio Cecconi e dai suoi soci in quel di Foligno. Al Samoter espone il Progetto K5 (semirimorchio stradale da cava cantiere) e il Progetto M1 (mezzo d’opera da cava cantiere).

A seguire i mezzi dell’umbra Tecnokar, molto attenta all’innovazione tecnologica applicata al settore dei ribaltabili, sia da ferro che da terra. Con una gamma molto ampia di veicoli come Grizzly, Supertop F1, Supertop 56, Talento F1 e il nuovo Supertop 56 a cassa conica, che rappresenta «la punta di diamante della linea ribaltabili posteriori», dice Piergiacomo Valentini. Completano il catalogo  mezzi d’opera a due assi e stradali a tre assi con casse quadre e tonde da 22 a 34 mc.

Molto apprezzati sono pure i ribaltabili Andreoli, non a caso spesso utilizzati nei test drive delle Case costruttrici di camion nei campi prova preparati nelle vicinanze della Fiera. Ottima occasione per vederli da vicino.

La Cardi, che per recarsi in fiera copre ben pochi chilometri, presenta «una nuova linea di carrelloni per il trasporto delle MMT (un 13,60 m. con rampe a 3 assi con gemellati) – spiega Giuseppe Bordin – settore in cui vogliamo entrare da quest’anno, grazie alle tecnologie che abbiamo alle spalle nello stabilimento Merker in Abruzzo». In più abbina un 10 gomme a terra ribaltabile posteriore tipo Sl 10L e una botte Piacenza per polverulenti.

Mentre la toscana Menci in fiera espone il tutto lega per pezzature leggere.

Non mancheranno le novità dell’Emilcamion, dalla vasca Leonardo ad apertura «semplificata» a cavi e puleggie alle ultime evoluzioni delle S5 Evo anche a tenuta stagna. La primadonna della produzione bolognese, offerta di serie nella configurazione con sponda posteriore a apertura idraulica, è il sistema idraulico Dual Control che gestisce l’apertura della sponda solo basculante oppure completamente alzata ad ala di gabbiano, a completa discrezione dell’operatore anche durante il sollevamento del ribaltabile. Con sensori elettrici che controllano che il sollevamento del cassone avvenga solo quando la sponda posteriore è fuori dai ganci di chiusura. E che se munita di copricarico Spinnaker elettrico, per evitare interferenze con l’apertura della sponda, all’inserimento della presa di forza vede il telo raccogliersi automaticamente. Analogo il progetto P6 Export ed Evo, realizzato però con la cassa quadra e la sponda posteriore idraulica ad apertura verso l’alto. «Nella P6 Evo è possibile poi – precisa Marco Bettini – integrare all’apertura ad ala di gabbiano offerta di serie, la combinazione di apertura libro/bandiera utilizzato nella P6 Export e nella T5. In pratica tre combinazioni operative particolarmente utili ed esclusive».

 

 

 

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Test: Premium Lander Optictrack / VIDEO

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DOPPIA PERSONALITÀ
Un trattore stradale 4×2 che all’occorrenza si trasforma in un 4×4 in grado di «levarsi d’impiccio» anche nelle situazioni più complesse. Ottimo per i lavori sui cantieri, ma anche per chi opera in montagna

di Alberto Mondinelli

Quando me lo trovo di fronte in una cava vicino a Malpensa mi chiedo cosa ci faccia lì. Perché a prima vista è un classico Premium trattore, che si staglia nella polvere della cava grazie a un bel giallo intenso. La scritta Optitrack sulla calandra, però, denuncia una peculiarità tutta particolare, la presenza sul veicolo di un sistema innovativo che non vedo l’ora di mettere alla prova. In pratica il sistema consiste in una trazione idrostatica supplementare disinseribile, con due motori idraulici sulle ruote anteriori integrati con i mozzi. Questo consente, con un semplice pulsante in plancia, di trasformare il veicolo da 4×2 a 4×4 – in movimento come da fermo, in marcia avanti come in retromarcia – e si disinserisce automaticamente quando si superano i 30 km/h. Quindi, con il bloccaggio del differenziale posteriore e la gestione offroad del cambio automatizzato, trasforma il Premium Lander in un autentico «arrampichino». Il tutto con due vantaggi tangibili: un risparmio di 490 kg di carico utile rispetto a un veicolo 4×4 tradizionale; un contenimento dei consumi stimato dal costruttore in un 10%, sempre rispetto a un 4×4.
Visto il veicolo da fuori, di questo impianto non c’è traccia, se non per il serbatoio dell’olio e il relativo radiatore sulla fiancata di sinistra; ribaltando la cabina si possono vedere invece i condotti ad alta pressione che arrivano ai mozzi e, circa all’altezza del cambio, la pompa idraulica e la valvola Addiflow.

IL TEST

Giusta quindi la scelta di far trovare il veicolo in una cava, non certo il suo ambito di utilizzo normale, ma perché è il posto migliore per mettere alla «frusta» il suo Optitrack. Proverò il veicolo prima da scarico, così da mettere maggiormente in difficoltà la motricità sulle pendenze e discese che arrivano fino al 30%, poi da carico per sentirlo in azione anche nelle normali condizioni d’uso. Sempre da carico farò poi un giro sulla viabilità ordinaria per completare il test in un ambito più consono a un Premium Lander.

IN CAVA

La partenza non presenta nessuna differenza rispetto a un normale trattore 4×2. Il comando del cambio automatizzato Optdriver è su una leva alla destra del volante, a sinistra c’è il freno motore a tre posizioni Optibrake, in plancia il tasto per l’inserimento dell’Optitrack, quello per il passaggio dal cambio stradale alla conformazione Offroad, di fianco il bloccaggio del differenziale posteriore con il tasto di sicurezza per evitare inserimenti non voluti. Non mi serve altro. La prima discesa è al 30% con il veicolo scarico: inserisco il freno motore e le tre selezioni (cambio offroad, Optitrack e bloccaggio differenziale) e scendo, in prima marcia, senza neppure toccare il pedale del freno. Il veicolo non sbanda e l’aderenza al terreno, reso friabile e scivoloso dalle abbondanti piogge dei giorni prima, è perfetta. Stessa tecnica in salita, questa volta al 25%: devo solo avere l’accortezza di affrontarla in terza marcia, quindi con un po’ di abbrivio, ma il risultato finale è un’ascesa sicura, senza alcuna incertezza.
Al secondo passaggio oso di più e provo a fermarmi: riesco a ripartire senza nessun problema sfruttando il comodo comando del freno del semirimorchio, un tasto sulla consolle centrale di fianco al freno di stazionamento. Faccio anche una prova con la sola trazione posteriore, ma devo desistere e inserire le ruote anteriori, altrimenti non mi muoverei.
Da notare che sul cluster l’inserimento di tutte le funzioni è sempre indicato in maniera molto chiara e puntuale. Carichiamo il veicolo e ripetiamo la prova. Non cambia praticamente nulla, solo in discesa devo aiutare con il pedale del freno il Premium a rallentare le quasi 41 ton che mi porto a spasso. In salita si ripete esattamente l’esperienza di prima e anche la partenza da fermo sul pendio da 25% è superata in agilità. Penso anche ai tanti trattori stradali che si trovano frequentemente a viaggiare sui passi alpini e appenninici e trovo che questa soluzione possa costituire la panacea per tutti i problemi dei loro autisti durante la stagione invernale. Trovo anche strano che, a parte MAN che però non offre la possibilità dell’inserimento a veicolo fermo (quindi nella condizione di massima emergenza), nessun altro costruttore abbia sviluppato una soluzione di questo genere, che quindi si può definire un’esclusiva di Renault Trucks.

SULLA VIABILITÀ ORDINARIA

Ho testato il trattore Premium soltanto qualche mese e in pratica quanto detto allora potrebbe valere anche in questo caso. Guidare questo Premium Lander Optitrack sulla strada non presenta nessuna differenza con la versione stradale. Il motore, che già avevo apprezzato per l’erogazione in cava, si conferma perfettamente dimensionato anche con il veicolo a pieno carico. Il primo tratto sulla superstrada che porta all’aeroporto della Malpensa è affrontato con il cruise control (facilmente regolabile con i controlli sul volante) in azione; il tratto sulla viabilità ordinaria facendo direttamente uso dell’acceleratore e con il contributo essenziale dal cambio automatizzato Opticruise, ovviamente posizione, in tale contesto, sulla selezione stradale. L’arrivo a un cantiere è più un’esigenza fotografica, ma offre l’occasione di apprezzare la manovrabilità anche sullo stretto del Premium Lander, per l’occasione abbinato a un semirimorchio Cargotrailers.
È difficile non essere entusiasti di questa soluzione che offre una notevole gamma di opportunità a chi deve svolgere missioni presso canteri o in condizioni disagiate: sicuramente con questo modello dall’efficacia indiscussa Renault Trucks ha messo a segno un importante vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

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