Una filiera del freddo sempre più professionale e controllata, ma attenta ai costi. È il messaggio che viene da Legnano dove si è svolta la 4a edizione di Zerogradi, appuntamento con la catena del freddo, organizzato da TForma in collaborazione con Lamberet e con la partecipazione di DAF e Volkswagen VI.
Un mondo estremamente complesso, quello della supply chain del trasporto a temperatura controllata, nel quale si mescolano centinaia di norme e di problematiche, con il freddo a fare da filo unico conduttore e avendo sempre al centro l’ultimo anello della catena, il consumatore finale.
Durante il workshop Fabio Castiglioni, executive chef del Dinner by The Mode Restaurant, ha raccontato quali siano i controlli sul cibo che ogni giorno arriva nelle sue cucine e ha dovuto ammettere che lui – e quindi il cliente – è di fatto obbligato ad avere fiducia in chi ha prodotto, stivato e trasportato quel cibo. Secondo Daniele Testi, presidente di SOS Logistica, questo fatto evidenzia un problema: i “logistici” si occupano un po’ troppo poco del consumatore finale e quindi un’etichetta che possa riportare la “storia” non solo del prodotto per come è fatto, ma anche per come è stato gestito dall’inizio alla fine del processo di filiera sarebbe un vero passo avanti.
La seguente tavola rotonda doveva invece rispondere alla domanda se essere “green” fosse un costo o un’opportunità. Per Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, il servirsi di fornitori certificati ha un prezzo elevato, ma chi riceve la merce si aspetta che siano stati fatti tutti i controlli necessari; non basta quindi una certificazione, occorrono anche verifiche spesso mancanti. La replica di Gianni Cramarossa di Certiquality è che una certificazione è un’espressione di organizzazione aziendale e di raggiungimento di standard anche internazionali, non di perfezione di quell’azienda. D’accordo con la Prampolini Simona Ubbiali, vicepresidente di FAI Milano Monza Brianza e Lodi e dirigente di Brivio & Viganò, azienda brianzola leader nella logistica del freddo, che ha ribadito che «essere green o eco vuol dire investire in ricerca, in persone, in formazione, in un periodo in cui i margini sono ridottissimi».
Di costi hanno parlato anche Paolo Starace, ad di DAF Veicoli Industriali, e Daniele Toniolo, responsabile marketing di Volkswagen VC. «Ci vorrebbe un intervento deciso delle Istituzioni – hanno detto i due manager – per far capire che un veicolo elettrico non produce inquinamento acustico e quindi potrebbe lavorare di notte, abbattendo le spese, riducendo il traffico e quindi l’inquinamento. Ma occorrono incentivi: senza questi perché un’azienda dovrebbe acquistare un elettrico che, attualmente, costa tre volte un camion a motorizzazione diesel?». Toniolo cita inoltre l’esempio norvegese dove, grazie agli incentivi, lo scorso anno il numero delle automobili elettriche acquistate è stato maggiore di quello delle vetture a motorizzazioni tradizionali.
Ismaele Iaconi, commercial marketing director di Lamberet Italia, ha parlato invece di efficienza dei prodotti, come l’uso di un cuore di poliuretano, che è attualmente il materiale che assicura la minor dispersione in assoluto e una grande conducibilità termica, «permettendo ai motori di refrigerare il vano di carico consumando di meno, quindi favorendo l’ambiente. E anche nei semirimorchi siamo riusciti ad abbattere del 50% i consumi, grazie a una serie accorgimenti aerodinamici».
A fine evento c’è stata la consegna del Zerogradi Award, prima edizione di un premio che intende segnalare le eccellenze italiane della filiera in ambito ecosostenibile, una tra gli operatori di logistica e trasporti, l’altra tra le aziende di produzione agroalimentare. I premi, costituiti da un trofeo in acciaio e plexiglass, realizzato in esclusiva da Anna Acito, art director di Acitoinox, sono andati al Gruppo TN Torello (“sinonimo di efficienza e responsabilità nei confronti del futuro”) e a La Fattoria della Piana (“un modello per lo sviluppo ecosostenibile del nostro Paese nello specifico campo dell’agroalimentare”).